
Bisognerebbe essere capaci di creare silenzio intorno a sé, non per isolarci ma per rapportarci autenticamente con tutto ciò che ci sta attorno. Non parlo del silenzio che ci isola, non parlo di solitudine, non di misantropia, ma di vette di comprensione, di non indifferenza, rimanendo perfettamente noi stessi. Il frastuono è il contrario della comprensione, ne siamo avvolti, perdiamo la nostra voce e quella degli altri. Percorriamo linee rette perché più intuibili e probabilmente più scontate, le collaterali, invece, sono quelle che nascono nel terreno quando fertile dentro di noi. L’unione di percorsi impreziosisce tutte le vicende umane, la fratellanza ad esempio, troppo spesso l’assente illustre, o sbandierata a casaccio, è uno dei percorsi collaterali che nasce solo in chi è disposta ad accoglierla, senza auspicio ma con desiderio, nella genuinità della libertà, e quindi in noi stessi nel rapporto con gli altri.
L’autenticità la si può trovare in uno sguardo, in un comportamento, in un gesto gentile da parte di uno sconosciuto, in una azione che rimane anonima ma che produce i suoi effetti, in un libro, cogliere l’essenziale nel particolare, in tutto ciò che appare invisibile. Il conformismo è parente dell’indifferenza, e quando lo percepisco preferisco allontanarmi, lascio andare, incapace di uniformarmi ad un patetico gioco delle parti, cercando di non giudicare dal momento che a volte il giudizio è proiezione. Proprio per questo, in diversi momenti della mia vita ho preferito il mio stesso sequestro di persona come una liberazione dal mondo, o per liberare il mondo da me, naufragando per diversi giorni al di fuori del tempo, fra gli scaffali, fra i miei libri, dimenticando il contesto, trascurando la cosiddetta vita, saltando appuntamenti, lasciando morire telefoni, ho vissuto felicemente sepolto in questa specie di bulimia libresca accompagnata da anoressia mondana.
E allora capita, accade a proposito, un libro, l’unico capace di unirsi al tuo stato d’animo almeno per un bel po’. Prendi quel libro e lo assapori, leggi senza fretta e ti soffermi su ogni pensiero, su ogni azione o dialogo descritto, su ogni comportamento o vizio, debolezza o forza, virtù o abiezione, piccole o grandi che siano, intere pagine, righe su righe in cui trovi la fratellanza che non hai trovato fuori, o che non hai ricambiato. Una vita è come tante, ma spesso, queste vite e le vicissitudini che ne seguono, sono tenute nascoste da chi ne è il protagonista, o rimangono sconosciute a chi non può sapere, o peggio, a chi non vuol vedere. Questo è quello che mi è accade spesso con i libri. La bellezza di migliaia e migliaia di pagine, la narrazione, le storie, in molti casi di fantasia ma profondamente vere se rapportate alla vita che molti, troppi uomini, grandi o piccoli che siano, vivono realmente ogni giorno e che non sempre noi conosciamo. Storie incentrate su percorsi principali che si incrociano con le vie apparentemente più insignificanti, amici di vita, fratelli in vita e di vita, non per nascita. Ecco che trovi l’autenticità che non hai trovato fuori, la trovi nelle loro azioni, nei pensieri e nella nobiltà d’animo che appartengono e contraddistinguono i protagonisti. Ne assapori ogni pagina, entri in stato di epifania, e capisci per l’ennesima volta che la lettura ci regala sempre qualcosa.
Arrivo a pensare, nei momenti migliori o peggiori del mio delirio libresco, che i libri siano meglio degli uomini. Nei libri c’è il distillato dell’umanità, la parte migliore e comunque più rilevante. Tutto quel che c’è fuori dai libri ti sembra appartenere all’oblio, merita di sparire. Ciò non vuol dire che l’assenza sia sempre meglio della presenza, ma a volte, ciclicamente, come in tutte le cose della vita, arrivi a pensare che sia meglio uscire dagli sguardi di un mondo che pare non appartenerti, per poi farvi rientro, immemore e segnato allo stesso tempo.