
Certo: immortale l’impronta di Neil sulla ghiaia lunare, impressa dagli scarponi della Storia alla data del 20 luglio 1969. Ma c’è una vicenda di passi mancati che merita almeno la consolazione del racconto. Già, perché alla fine degli anni ’60 l’Unione Sovietica era a un (piccolo) passo dal piantare per prima un paio di suole socialiste sul suolo grigio della Luna.
I russi avevano quasi tutto: una navicella per arrivarci e una per scenderci, calcolatori che oggi verrebbero umiliati da un tostapane smart e un manipolo di cosmonauti pronti a tutto (tranne forse a sopravvivere all’hardware).
Quello che mancava alla radiosa Luna dell’Avvenire era un Von Braun capace di accendere sotto al culo dei cosmonauti un Saturno V in grado di portarli in orbita. L’URSS invece si ritrovò con l’N1, un colosso che esplose così tante volte che oggi sarebbe considerato una forma d’arte performativa. E così, quando Neil e Buzz artigliarono il Mare della Tranquillità con un grande balzo per tutta l’umanità, i russi distrussero le prove e come volpi della steppa si allontanarono dall’uva lunare, fischiettando indifferenti un motivetto siberiano.

Eppure, qualcosa è sopravvissuto. Al Museo della Scienza di Milano è esposta una tuta lunare sovietica: un cimelio tanto raro da sembrare quasi una leggenda metropolitana materializzata. Osservarla è come assistere a una variante della Storia: la traccia concreta di un fallimento che aveva tutte le carte in regola per trasformarsi in trionfo. E se gli astronauti dell’Apollo ispirarono gli stilosi drughi Kubrickiani, in questa tuta socialista è presente tutta la pratica rozzezza dell’astronautica russa: un affascinante caos di rubinetteria da dacia, cateteri, cerniere improbabili, corde, oblò, miscelatori, chiavi a stella, e perfino una casacchina da età del bronzo per l’amichevole contro i seleniti. CCCP –Col cazzo che perdiamo– tifavano i comunisti italiani negli anni ’60 quando giocava la Russia. Sappiamo com’è andata.
Ma la storia dell’insuccesso lunare resta comunque magnificamente umana, ironica, poetica. Perché ci sono passi che lasciano orme e passi che restano sospesi per sempre nell’immaginario. Superflui per la Storia, deliziosi per la Fantasia.