
La bellissima Persefone, figlia di Demetra dea dell’agricoltura e di Zeus, viveva nel cuore della Sicilia, sulle sponde del lago d’Ogliastro, in un paesaggio rigoglioso di messi e circondato dai monti Erei. Omero racconta che di lei, conosciuta anche con il nome di Kore, si innamorò Ade, dio degli Inferi, che la rapì per condurla con sé nel regno dei morti.
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Demetra, preoccupata per la scomparsa della figlia Persefone, iniziò a cercarla ovunque. Vagò in ogni luogo finché, venuta a conoscenza del rapimento della giovane, si adirò profondamente con gli dèi dell’Olimpo. Per protesta, decise di abbandonare la dimora divina e di rendere sterile la terra, impedendo che vi crescesse qualsiasi forma di vita. Zeus, di fronte alla determinazione della dea e alla carestia che minacciava di sterminare l’umanità, mandò Ermes da Ade per convincerlo a liberare Persefone. Tuttavia, il dio degli Inferi aveva fatto mangiare alla fanciulla alcuni semi di melograno, simbolo di unione nuziale. Questo gesto la legava indissolubilmente al regno dei morti e le impediva di lasciarlo per sempre. Si giunse così a un compromesso: Persefone avrebbe trascorso metà dell’anno con la madre sulla Terra e l’altra metà con Ade negli Inferi. Da questo mito ha origine la spiegazione del ciclo delle stagioni, della vita, della semina e del raccolto: quando Persefone è con Demetra, la terra fiorisce (primavera e estate); quando ritorna da Ade, la natura si spegne e la terra diventa infruttuosa (autunno e inverno).
Anche la madre Demetra è tornata in Sicilia. Non si tratta, questa volta, di un mito, bensì della restituzione di una statua raffigurante la dea delle messi, che nel 2010 fece ritorno al sito archeologico di Morgantina, da cui era stata trafugata negli anni Ottanta. Ma come venne stabilito che una imponente statua femminile, presente al J.Paul Getty Museum di Los Angeles provenisse dal territorio di Aidone (nei pressi dell’antica Morgantina) in provincia di Enna?
Nel 1988, alcune clamorose rivelazioni di Thomas Hoving, ex direttore del Metropolitan Museum di New York, sulla presunta provenienza della statua conservata al Getty Museum dal sito archeologico di Morgantina, danno avvio a un’indagine da parte della magistratura di Enna. La Soprintendenza di Agrigento aveva già segnalato la presenza di scavi clandestini nella zona, per cui le dichiarazioni di Hoving spingono ad approfondire l’inchiesta giudiziaria, condotta in collaborazione con le forze dell’ordine e coordinata dal Ministero dei Beni Culturali. Si apre così un contenzioso con il Getty Museum, in seguito alla scoperta che la cosiddetta Dea di Morgantina, dopo essere passata per diversi intermediari, era giunta prima in Svizzera e poi in Inghilterra. Qui, nel 1986, il noto antiquario britannico Robert Symes la acquistò per 1,5 milioni di dollari e successivamente la rivendette al museo americano nel 1988 per la somma di 18 milioni. La prova decisiva dell’origine siciliana della statua è stata la corrispondenza tra la composizione della pietra utilizzata per scolpirla e quella del territorio ibleo, il che ha escluso definitivamente tutte le ipotesi alternative sulla sua provenienza.
La statua raffigurante Demetra è tornata alla sua terra d’origine, ed è oggi esposta al Museo Archeologico di Aidone, dove si possono ammirare anche altri importanti reperti provenienti dal sito di Morgantina. Si tratta di un’opera imponente, alta 230 centimetri, realizzata con due differenti materiali: il corpo è scolpito in pietra calcarea, mentre la testa e gli arti, aggiunti separatamente (di riporto), sono modellati in pregiato marmo greco. Nonostante siano andati perduti la sommità della testa, il braccio e il piede sinistro, la statua è considerata dagli archeologi un autentico capolavoro dell’arte classica, apprezzata per la sua straordinaria qualità esecutiva e per l’impressionante senso di vitalità che trasmette. L’opera databile tra la fine del V e l’inizio del IV secolo a.C, è descritta dall’archeologo Antonio Giuliano come una dea che avanza tumultuosa nello spazio, riempiendolo con la sola forza della sua presenza. È dunque probabile che la scena raffiguri il momento in cui Demetra, angosciata, si lancia alla ricerca della figlia Persefone, come racconta Omero: «e si lanciò, che un uccello pareva, per terra e per mare». La drammaticità dell’episodio si riflette nella composizione della figura: il movimento possente è sottolineato dal panneggio che aderisce al corpo e dal mantello proiettato all’indietro, come sospinto da un impeto di vento o dal passo deciso della dea.
Il mito di Demetra e Persefone, tanto radicato in Sicilia da accompagnarne per secoli la vocazione religiosa legata al grano e ai cicli stagionali, trova un’eco contemporanea nella restituzione della Dea di Morgantina al museo di Aidone. Come il ritorno di Persefone segna la rinascita e il ricongiungimento con la madre, così la statua, tornando alla sua terra, ricompone un legame spezzato e restituisce all’isola un simbolo della sua identità e della sua memoria con la cultura greca.
L’articolo racconta con sensibilità e chiarezza il ritorno in Sicilia della statua antica, restituendo al lettore tutta l’emozione di un evento che unisce arte, storia e identità. Il linguaggio è curato ma accessibile, e la narrazione riesce a valorizzare il significato culturale e simbolico del recupero. Un testo breve ma intenso, capace di trasmettere orgoglio e amore per il patrimonio siciliano.