
“Prima di giudicare la mia vita o il mio carattere mettiti le mie scarpe, percorri il cammino che ho percorso io”. Scriveva così qualche decennio fa Luigi Pirandello.
La domanda è più che lecita: quanto riescono a raccontare i calzari della vita di chi le indossa? Davvero tanto; basta pensare ad alcune tipologie di scarpe che sono diventate così riconoscibili che hanno preso il proprio nome da chi le porta abitualmente. È il caso del sandalo da frate, delle ballerine o degli anfibi militari.
Non si può negare che la scarpa completa un abito, lo migliora o lo peggiora, dà personalità a chi la indossa oppure omologa una generazione e identifica un popolo. Chi non conosce gli zoccoli olandesi o i geta giapponesi, lo stile veneziano o le babbucce turche?
Anche il marchio, soprattutto tra i giovanissimi, è utile a riconoscersi: loghi con “swoosh” simili ad un’ala vittoriosa, strisce parallele o semplici stelle aiutano i ragazzi a sentirsi parte di uno stesso gruppo. Passeggiare verso una stessa meta.
L’idea per cui nasce la scarpa è chiaramente quella di coprire i piedi, di difenderli, di impreziosirli. Nel tempo però, come abbiamo visto, le scarpe hanno assunto altri significati incidendo fortemente nella storia del costume e nelle abitudini quotidiane. Punte quadrate o allungate all’inverosimile, di legno, pelle o tessuto, con zeppe, plateau o radenti al suolo, décolleté, stivali medi alti e altissimi, infradito, sneakers, sabot, mocassini e l’elenco potrebbe davvero continuare all’infinito. Di certo gli abiti per i piedi sono in grado di segnare anche uno status sociale, con prezzi che variano da pochi a migliaia di euro, colori e materiali pregiati, marchi del lusso enfatizzati anche da libri e film che idolatrano i designer. Una per tutti, la protagonista Carrie Bradshaw in Sex And the City ha una vera e propria passione per questi oggetti, possiede una cabina armadio di sole scarpe e la proposta di matrimonio le viene fatta proprio con una Manolo Blahnik che sostituisce il ben più tradizionale diamante.
E la scarpetta di cristallo? La madre di tutte le calzature iconiche; unico e solo oggetto capace di far rincontrare Cenerentola con il suo principe, prova inconfutabile di identità grazie ad un piedino piccolo e aggraziato che non lascia spazio a dubbi. Ancora, le potenzialità di un semplice stivale sono in grado di rendere unico un banale Gatto o riportare alla mente le gambe lunghissime di Julia Roberts nella famosa locandina del film “Pretty Woman”.
Nel tempo le scarpe hanno avuto anche un significato sociale molto forte. Come non ricordare le scarpette rosse della campagna di contrasto alla violenza di genere. Calzature rosse, a coppia o singole, sportive o con il tacco, tutte diverse e poste in istallazioni temporanee a ricordare come la violenza ha tante sfaccettature e va contrastata sempre e comunque.
Infine, non poteva non occuparsi di questo tema anche la musica. Gino Latilla nel 1953 descrive il suo “Vecchio scarpone” militare come un caro amico della gioventù, intriso di ricordi e malinconia per il tempo che passa. Con “Blue Suede shoes” invece Elvis Presley ha fatto ballare migliaia di giovani e non solo, con un ritmo nuovo e irresistibile. Tempi un po’ più vicini ci riportano “El purtava i scarp de tennis” canzone amara di Enzo Jannacci che descrive un amico sempre riconoscibile dalle sue povere scarpe.
Scarpe che passione, insomma, sia se da intendere come amorevole mania che come strumento di volontaria tortura. Che sia un tacco dodici o una comoda e pantofola di peluche, auguriamoci tutti di fare tanti passi ancora e sempre a testa alta… ma occhio a non inciampare.