
Il “passo” rappresenta il movimento di chi cammina, di colui che si sposta e lascia un’impronta di sé, anche invisibile, sulla terra. Ma possiede, inoltre, delle interpretazioni figurate che indicano il procedere, l’avanzare, non solo fisico: ad esempio “fare un passo falso”, nel senso di sbagliare, oppure leggere “il passo di un libro”, ovvero un brano tratto da un libro. Nell’ambito poetico, la parola passi è usata in modo frequente, sia in senso proprio che in senso figurato o metaforico e si sposa con lo stato d’animo del poeta stesso, dandone un afflato personalizzato e coinvolgente.
Ne “La morte è una curva della strada”, Fernando Pessoa scrive: “…Se ascolto, sento i tuoi passi/ esistere come io esisto…”. Qui il passo diventa rumore, impercettibile ma reale. La persona di cui si avverte la presenza si materializza attraverso quel suono familiare che riconduce a chi non c’è più, a chi rimane dentro l’anima di colui che lo avverte e ne sente forte la presenza anche nel silenzio che lo avvolge.
“I passi” di Paul Valéry sono, invece, espressione di desiderio in cui la donna amata appare sacra, quasi ultraterrena, e si manifesta nella vita interiore del poeta non con gesti concreti bensì attraverso la percezione sonora e immaginifica dei suoi passi: “Tes pas, enfants de mon silence,/ saintement, lentement placés,/ vers le lit de ma vigilance/ procèdent muets et glacés…” (Nati dal mio silenzio,/ posati santamente,/ lentamente, i tuoi passi/ procedono al mio letto/di veglia muti e gelidi).
Non può mancare Eugenio Montale, uno dei più straordinari poeti del ‘900 italiano che fra le sue liriche immense ci ha lasciato dei brandelli di vita vissuta, degli istanti che sanno di quotidiana intimità, dove la grandezza delle parole si amalgama alle piccole cose che appartengono all’uomo in genere, non solo al poeta. Fra le sue poesie meno note, “I nascondigli”: “Quando non sono certo di essere vivo/ la certezza è a due passi ma costa pena/ ritrovarli gli oggetti, una pipa, il cagnuccio/ di legno di mia moglie, un necrologio/ del fratello di lei, tre o quattro occhiali/ di lei ancora! un tappo di bottiglia/ che colpì la sua fronte in un lontano/ cottillon di capodanno a Sils Maria/ e altre carabattole…”.
Passo dopo passo, l’intensità avvolgente dello scorrere del tempo che ci accompagna con le parole e con i gesti, con le memorie e le malinconie in un tripudio di emozioni che toccano il cuore.