
“Quant’è bella giovinezza, / che si fugge tuttavia! /Chi vuol esser lieto, sia: di doman non c’è certezza”.
Così cantava nel 1400 Lorenzo il Magnifico giovane, bello, ricco e potente. E io, pur non essendo né giovane né bello né ricco né potente, voglio lo stesso essere lieto perché di domani non c’è certezza.
Siamo circondati dalla incertezza. All’inizio del XX secolo due fisici americani, Davisson e Germer, constatavano, in un esperimento, che gli elettroni si comportavano a volte come corpuscoli materiali e a volte come onde elettromagnetiche. Gli elettroni sono corpuscoli o sono onde? Che cos’è la materia? E non parliamo della materia oscura che c’è ma non si vede, non si rivela a noi.
E la natura, cos’è la natura? Cosa sono le fragole geneticamente modificate con l’aggiunta del gene del merluzzo che consente di coltivarle anche con clima più freddo: fragole o merluzzi? E il riso con l’aggiunta della vitamina A, è ancora riso o cos’altro? Ci sono le melanzane senza semi, perché i semi le rendono più amare e i pomodori con i semi, perché i semi migliorano il sapore ma sono semi in gran parte sterili e da quei pochi fertili non si sa bene che pianta viene fuori! Abbiamo inventato il frutto che non frutta!
E il fisico tedesco Werner Heisemberg che, a seguito dell’esperimento sopra citato, enunciava il principio di indeterminazione secondo il quale possiamo ancora immaginare l’elettrone o qualsiasi altra cosa come un punto materiale, purché non pretendiamo di sapere con precisione dove sta e con quale velocità si muove. O l’una cosa o l’altra; tutte e due contemporaneamente, no! E negli stessi anni Luigi Pirandello scriveva: «Bisogna che lei [l’interlocutore di Vitangelo Moncarda, il protagonista di Uno, nessuno e centomila] fermi un attimo in sé la vita, per vedersi. Come davanti a una macchina fotografica. Lei s’atteggia. E atteggiarsi è come diventare statua per un momento. La vita si muove di continuo, e non può mai veramente vedere se stessa. [. . .] Lei non può conoscersi che atteggiata: statua: non viva. Quando uno vive, vive e non si vede». O l’una cosa o l’altra; tutte e due contemporaneamente, no!
Prendiamo atto della incertezza che ci circonda e ci avvolge.
È proprio una bella cosa avere coscienza e consapevolezza dell’incertezza del domani, ci spinge a godere di quello che si sta facendo. E l’incertezza non riguarda solo il domani o il dopodomani ma ogni momento dell’oggi, non c’è certezza di quello che succederà subito dopo aver finito ciò in cui si è occupati. Ciò che si sta facendo in questo momento finirà, morirà. Questo è sicuro. E se non lo si gode per bene mentre lo si fa, lo si perde per sempre. La vita è fatta di momenti e se si spreca il qui ed ora, lo si perde per sempre.
Io godo dell’incertezza. Se sono al cinema, al teatro, ad una conferenza…non metto il cellulare in modalità silenziosa, lo spengo. È questione di igiene mentale: col telefono spento la mia mente è puntata solo su quello che in quel momento sto vivendo e me lo gusto in pieno.
E se quel che sto vivendo è brutto e negativo? A maggior ragione chiudo col mondo esterno per meglio fare quello che c’è da fare. Allarme terremoto, allarme incendio albergo in cui sei ospite… momenti difficili che richiedono il massimo della attenzione nel fare al meglio le azioni richieste dalla emergenza. Se ci fa prendere dalla paura, si perde lucidità e si combinano pasticci. Se sto guidando e mi arriva una chiamata al telefonino, mi fermo e rispondo.
Se hai gli acciacchi della vecchiaia, e io li ho e so che non li posso eliminare perché la pillola contro la vecchiaia non è stata ancora inventata, e so anche, data la veneranda età, che il mio futuro è incerto e allora a maggior ragione faccio di tutto per godermi il momento, il qui ed ora. È bello e sano vivere con la piena consapevolezza della incertezza totale che ci circonda e perciò amo la poesia Istanti di Jorge Luis Borges: «Se potessi vivere di nuovo la mia vita. / Nella prossima cercherei di commettere più errori. / Non cercherei di essere così perfetto, / mi rilasserei di più. / Sarei più sciocco di quanto non lo sia già stato, / di fatto prenderei ben poche cose sul serio. / Sarei meno igienico. / Correrei più rischi, / farei più viaggi, / contemplerei più tramonti, / scalerei più montagne, / nuoterei in più fiumi. / Andrei in più luoghi dove mai sono stato, / mangerei più gelati e meno fave, / avrei più problemi reali e meno immaginari. / Io fui uno di quelli che vissero ogni minuto / della loro vita sensati e con profitto; / certo, mi sono preso qualche momento di allegria. / Ma se potessi tornare indietro, cercherei / di avere soltanto momenti buoni. Ché, se non lo sapete, di questo è fatta la vita, / di momenti: non perdere l’adesso, il qui e ora. / Io ero uno di quelli che mai andavano / da qualche parte senza un termometro, / una borsa dell’acqua calda, / un ombrello, un paracadute; / se potessi tornare a vivere, / vivrei più leggero. / Se potessi tornare a vivere / comincerei ad andare scalzo / all’inizio della primavera / e resterei scalzo sino alla fine dell’autunno. / Farei più giri nella mia strada, / contemplerei più aurore / e giocherei con più bambini, / se mi trovassi di nuovo la vita davanti. / Ma vedete, ho ottantacinque anni / e so che sto morendo».
Mentre scrivo è il 2 novembre il giorno della commemorazione dei defunti e, quando ero ragazzino, c’era la tradizione dei “murticiedi”, dei morticini, che ci portavano dolci e giocattoli ed era un giorno di godimento anche se i dolci sarebbero finiti e i giocattoli si sarebbero rotti, e andavamo al cimitero contenti a ringraziare la nonna, il nonno e i cari parenti morti e li vedevamo vivi anche se spesso non li avevamo neanche conosciuti. Proprio una gran bella tradizione che legava i giovani agli antenati, il presente al passato. Ritenevo che sarebbe certamente durata e invece perita miseramente all’avanzare di mode straniere. Incerta anche lei!
Viva l’incertezza!
Ma anche la tradizione dei “murticiedi”, un ricordo che si perpetua e si tramanda, seppur con difficoltà, alle nuove generazioni. Il filo rosso con i nostri nonni e i nostri avi è apparentemente sottile, facile da spezzare, eppure basta prendersene cura per renderlo indistruttibile!