Eppure, eppure un giorno imparerai a reggere il peso delle tue scelte e degli eventi che ne sono derivati, così come sono, e poi ci camminerai sopra, riponendoli nel cassetto dell’esperienza. Non tutti ricordano le scelte che hanno fatto, quasi nessuno riesce a vedere la prospettiva vera delle scelte compiute in passato, e questo perché non vi è sempre una logica per le scelte che ci impegniamo a fare, né per quelle che faremo in un futuro più lontano. Le scelte, hanno tutte il dono, o la condanna, dell’istantaneità, e tutto ciò che possiamo realmente percepire, col tempo, forse dopo moltissimo tempo, saranno solo gli effetti che esse hanno determinato. E il punto in cui probabilmente ci ritroveremo, sarà raccontarci, con la massima, ragionevole, speranzosa e inutile certezza di cui possiamo disporre, chi è che ha fatto la scelta giusta, chi ha tenuto il giusto comportamento, chi ha fatto il proprio dovere sino in fondo, chi è stato capace di comprendere. E all’improvviso, probabilmente, capiremo che c’è solo stata una grandissima, magnifica, inconsapevole approssimazione in tutto ciò che facciamo e abbiamo fatto, unita ad una innata tendenza a giudicare gli altri piuttosto che noi stessi, proprio per nasconderci da noi stessi. La cosa in sé prenderà il possesso, si farà strada, là, dove il fenomeno rappresenta le nostre scelte, e la cosa in sé sarà quella verità, quella precisione, quella correttezza, quel nostro modo di stare al mondo, che ricerchiamo da tempo immemorabile, ma che mai potremo raggiungere. Perché ci sono momenti in cui la vita si incrina in silenzio senza annunciarsi e le cose che conoscevi perdono contorno, le parole che usavi con sicurezza si fanno esitanti. Ti ritroverai nel mezzo, in quel punto che non è più il passato e non è ancora il futuro. Ed è lì che comincia l’incertezza, quando smetti di sapere chi sei davvero, dove stai andando, che cosa abbia davvero un senso. E all’inizio si resiste, si cerca di ricomporre l’ordine, di ripetere i gesti familiari, di fingere che tutto torni come prima, ma l’incertezza non si lascia domare, ti segue ovunque, ti costringe a rallentare, a guardare meglio, e l’unica cosa che ti rimane da fare è respirare. Non puoi correre per trovare un senso, perché certi ordini non possono essere forzati, tantomeno aperti. Ti resterà solo dubbio e incertezza. E questa non sarà rassegnazione, ma forse la più alta forma di lucidità che proverai, perchè la chiarezza non si impone, si lascia venire. E a volte, nel silenzio che segue la confusione, qualcosa si chiarirà da solo, e con il tempo imparerai che l’incertezza non è sempre un nemico, ma ti obbliga a riconoscere le fragilità, a rivedere convinzioni, a camminare senza arroganza, a osservare senza pretendere di capire tutto, a comprendere che l’errore non è una colpa ma un segno di movimento, e che il dubbio può essere una forma di rispetto per la complessità del mondo. Accettare la propria fragilità come parte del proprio cammino significa attraversare l’incertezza che ti lascia in eredità un tipo di gentilezza nuova verso te stesso. E in questo stare, tra un prima e un dopo che non si toccano mai del tutto, nasce una nuova forma di speranza o certezza. Forse sarà la capacità di riconoscere la propria fragilità e accoglierla passo dopo passo, di restare in cammino anche quando la strada non è chiara e la luce sembra lontana, imparando che talvolta il silenzio, il raccoglimento, valgono più di ogni risposta e che non tutto ciò che si prova deve essere spiegato o giustificato, perché vivere davvero significa talvolta solo esserci, senza difese, senza calcoli, semplicemente attraversando il tempo incerto delle cose.

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