
Anche nella moda, nulla si crea, nulla si distrugge e tutto si trasforma. Mettete da parte Lavoisier e i principi della termodinamica, perché stavolta a parlare come uno scienziato è Miranda Priestly, caporedattrice della rivista di moda Runway, potente e autorevole come l’abbiamo conosciuta sulle pagine di Il diavolo veste Prada di Lauren Weisberger (2003) e nel film di David Frankel (2006). E la circostanza è più che insolita, se certe dichiarazioni, anziché dal suo ufficio di New York, provengono addirittura da via Mormino Penna a Scicli, cuore del Barocco Ibleo.
I capelli scolpiti nel taglio d’argento, la silhouette affusolata, gli outfit alla moda la rendono inconfondibile sul grande schermo, e così dentro un abito colorato come le maioliche d’antico artigianato siciliano. È una creazione italiana, Miranda conferma che a firmarlo è “quella” celebre coppia di stilisti, senza citarne i nomi: l’ostentazione è volgare, basta già la sciagura dei social, in più alcuni pezzi della loro collezione erano sulle pagine di Runway nei mesi scorsi.
Mentre lo dice, ci ha già fulminati con lo sguardo, presumendo che non abbiamo mai letto la rivista, come Andy al primo colloquio di lavoro. Per un istante, proviamo lo stesso senso di inadeguatezza della povera aspirante assistente, ed è una fortuna che il cappotto del capo non possa finire fragorosamente sulla nostra scrivania.

Siamo su uno dei basolati più caratteristici della provincia, qui i tacchi non sono una scelta conforme alla passeggiata sicura e lo sa pure Miranda, che indossa degli inappuntabili sabot raso terra. Di chi sono, non abbiamo il coraggio di chiederglielo. Ci basta sapere che sono suoi, e che li ha scelti per venire qui; il perché, ce lo faremo dire, lavorandola ai fianchi magrissimi, beata lei.
È un incontro a ben altre latitudini, visto che stampa e social hanno rivelato che sono in corso negli USA le riprese di Il diavolo veste Prada 2, al cinema nel maggio 2026, insinuando velatamente l’ipotesi di scene girate forse anche a Milano.
Sarà stata dunque una pausa dal set italiano a condurla sull’isola? Ci piace pensare che gli anni trascorsi a Parigi abbiano acceso la sua attenzione sul passato dei viaggiatori europei e sui diari del Grand Tour, e che la sua attitudine alla bellezza abbia raccolto anche le parole di Johann Wolfgang Goethe, a proposito di conoscere il Belpaese partendo dalla Sicilia, “chiave di tutto”.

Certo, è fatto noto che l’estate isolana eserciti il proprio richiamo sui vip, anche senza avere letto Ennio Flaiano e le sue parole sulla bellezza della stagione e sull’invidia della primavera. Mai condotta fu più stigmatizzabile e ingrata, viste le occasioni di protagonismo nelle arti, dal celebre dipinto di Sandro Botticelli alle musiche di Antonio Vivaldi, e nel mito come Persefone, richiamata all’ordine dall’ombroso marito sull’Etna, realizzando in tempi non sospetti le aspettative pensionistiche dei lavoratori fuori sede, quei “sei mesi su e sei mesi giù”, che nulla hanno a che vedere con il Dio degli Inferi. Che l’invidiosa primavera vada piuttosto a lezione di umiltà dai mandorli in fiore, condannati alla subalternità dalla ridondanza “iconica” dei ciliegi giapponesi, e non per questo meno splendidi.
Di questo e altro abbiamo chiesto a Miranda, tenendo a mente la sua cinica riserva sul floreale per la primavera, che per lei è “avanguardia pura”.
Mrs. Priestly, come è stato tornare in scena dopo tanti anni?
Mia cara, gli anni sono “tanti” solo per chi è morto. Si può dire giusto di Cleopatra che manca da “tanti” anni. Nessuna donna vivente vorrebbe mai associare la misura della moltitudine al tempo, al guardaroba, all’età, ai chili sulla bilancia. Diciamo che il sequel in libreria era pronto dal 2013, ma il mio standard è l’atmosfera fantastica di Harry Potter, declinata in una redazione di moda. Gli sceneggiatori hanno dovuto lavorare parecchio.
Riconosce forse a sé stessa un tocco magico nella creazione delle tendenze?
La magia è spettacolo, il nostro lavoro viene da studio e impegno, non da balletti sui social e improvvisazione. Lo stile di Runway è sobrio, tagliente, ineccepibile, e per questo sceglie elementi in grado di portare novità, ma senza imbarbarire l’eleganza, tanto necessaria in ogni aspetto della vita, non solo nella moda. Essere originale, sì, ma mai fuori contesto.
Ma come si fa a capire qual è lo stile adatto?
Osservando molto, per alcuni è una cosa naturale. Bisogna sempre darsi una chance di riuscita. E comunque mai dimenticare la prima verità fondamentale per ogni donna: non si è brutte, ma soltanto povere.
Ad esempio, lei è a favore della nail art?
Solo se a dipingere è Monet.
Quindi è un no?
Se non è chiaro, le faccio un disegno, e non sulle unghie.
La moda può coinvolgere tutti, anche chi non può permettersela?
Assolutamente, altrimenti il nostro lavoro sarebbe inutile. Tutti hanno imparato che il loro golfino ceruleo viene da lontano, che non esistono scelte casuali nella scelta del proprio guardaroba, a meno di non essere daltonici. E anche in quel caso, potrebbe esserci dell’originalità. In più, l’abilità è scegliere il giusto mix tra capi diversi: nulla si distrugge e tutto si trasforma, soprattutto se parliamo di vestiario di qualità.
Dunque lei non approva il fast fashion?
Mai e poi mai. I tessuti sono scadenti, quelli sì che si distruggono facilmente, magari ricavati da materie prime tossiche o quasi. In più inquinano l’ambiente, perché finiscono nelle discariche. Quello che è sempre di moda è non sembrare cheap, né esserlo.
Può svelarci cosa accadrà nel nuovo film? Ci saranno altri episodi esilaranti con Andy?
È top secret.
E del perché è capitata in Sicilia?
Sono stata ospite alle nozze della figlia di amici di New York. Hanno origini siciliane e trascorrono qui una parte dell’estate ogni anno. Ho capito perché tanti vip si sposano qui: location suggestive, tanta storia, tanta bellezza.
Quindi potrebbero convincerla a tornare, ricorrendo a valide ragioni?
Non intendo mentire al mio nutrizionista per una “scaccia” o un gelato in più, se è questo che intende.
E per la granita?
Lasciamo perdere. Lancio un appello in difesa della brioscia senza zucchero vanigliato, una varietà rara e introvabile. Le mie due assistenti ieri hanno pensato bene di ripulirla con un tovagliolo, un’iniziativa sufficiente a dare entrambe in pasto ai coccodrilli, ma mi dicono che qui intorno si vedono solo uova di tartarughe, delfini e fenicotteri rosa. E quello che non è animale o vegetale, è un’opera d’arte da una provincia all’altra.
Insomma, la brioscia non la convince, ma l’isola le piace.
Se trova qualcuno a cui non piace, possiamo punirlo ricoprendolo di zucchero vanigliato.
Un contrappasso dantesco?
No, per quello basta il caldo in agosto. E poi non vi serve Dante, avete altri poeti e scrittori, che mi dicono non passeranno mai di moda.
Dopo il ceruleo, quale sarà il nuovo colore iconico?
Per carità, non pronunci quello sciagurato aggettivo. Lo si dice ormai di qualunque cosa e persona. E magari non è iconico affatto, perché dura il tempo di scrollare lo schermo, meno di uno starnuto.
Vuole dire qualcosa sul cast?
Neanche sotto tortura.
E se ne parlassimo al tavolo di una pasticceria?
In tal caso, la avverto: resisto a tutto, tranne che al biancomangiare di mandorle.
Riferimenti bibliografici
- Lauren Weisberger, Il diavolo veste Prada, Piemme 2006
- Il viaggio in Sicilia di J. W. von Goethe (da “Italienische Reise”, 1813-1817), trad. Schindler-Bonavoglia, Azioni Parallele n.3/2016
- Ennio Flaiano, Il diario degli errori, Rizzoli 1976
- Sicilia, l’isola, Sime Books 2011
- Paolo Nifosì, Città teatro irripetibile in Basole di luce – Scicli (2013)