-L’avvincente, assurda, incredibile vicenda artistica ed umana di Sixto Rodriguez-

Sixto, statunitense di nascita, era il sesto figlio di una famiglia di migranti messicani (da questo la scelta del nome). Aveva un talento cantautorale che sembrava potesse offrirgli prospettive rosee. Pubblicò due album, nel 1971 e nel 1972 (un terzo lavoro restò incompiuto). A livello di vendite si rivelarono purtroppo dei flop, nonostante le indiscutibili potenzialità. E la sua vita proseguì, a Detroit (sua città di residenza). Precarietà, lavoro malpagato, una casa malridotta acquisita poco prima della demolizione, due matrimoni, tre figlie. E l’impegno politico e sociale (soprattutto nel reclamare più diritti per le classi lavoratrici). E la laurea in filosofia. E la generosità (con gli amici, i compagni di lavoro, i vicini, la famiglia). Una vita di successo, di quel successo umano fatto di relazioni e non di portafogli gonfi, stadi pieni di fans urlanti e ospitate in televisione. Eppure, in giro, qualcosa di molto molto strano si muoveva a sua insaputa.

In Sudafrica le sue canzoni, durante il regime dell’apartheid, stavano girando segretamente, in barba alla censura, attraverso il passaparola, i bootleg (dischi non ufficiali), le musicassette, gli LP prestati, riprestati, consumati. Tutto un percorso sotterraneo mosso dai suoi testi pregni di significato e di ispirazione per quei giovani privati della loro libertà di entusiasmo, oltre che di tutto il resto. Si narra che persino Steve Biko (attivista coraggioso ammazzato dalla polizia) ascoltasse i suoi pezzi (voce non confermata). Migliaia e migliaia di puntine percorrevano i solchi di dischi ritenuti motivanti, preziosi, importanti, da divulgare, da conservare; oppure da donare generosamente come si fa quando si cede qualcosa a cui si tiene davvero. Nel Paese si palesava un successo superiore a quello di Elvis Presley, Beatles e Rolling Stones. Eppure, di tutto questo, il nostro eroe non sapeva nulla, impegnato (a oltre 13000 km di distanza) nella faticosa vita di un operaio sottopagato che deve mantenere 3 figlie. Qualcuno addirittura diceva che fosse morto e che si fosse suicidato sul palco durante una sua esibizione; altre voci lo volevano in manicomio o in prigione. Fake news assurde in un’epoca senza internet.

Fu grazie alla ricerca di due fans sudafricani, ad un sito internet intercettato da una delle figlie di Sixto ed al magnifico documentario di Malik Bandjelloul (“Searching for Sugar Man”, premio Oscar 2013) che finalmente il talento di Rodriguez venne universalmente riconosciuto.

Alla fine degli anni novanta si iniziò a percepire cosa era accaduto in Sudafrica. Il comprensibile scetticismo iniziale si tramutò in consapevolezza: delle cose belle avvenute (l’amore nei suoi confronti e l’ispirazione donata a dispetto delle censure sudafricane) e di quelle brutte (le indegne speculazioni di chi percepì per decenni i diritti al posto suo). Decine di concerti sold-out rimpinguarono le sue magre casse ma donò il denaro alla famiglia. Sixto decise di continuare a vivere nella sua casa di sempre. Stessa vita, stessa sobrietà.

Sixto Diaz Rodriguez, “il cantante che visse due volte”, morì a Detroit l’8 agosto 2023 all’età di 81 anni. Steve Rowland (produttore suo e di Jerry Lee Lewis, The Cure, Peter Frampton, Gloria Gaynor e tanti altri) disse di lui: “Di grandi artisti ne ho prodotti. Ma lui è stato il più memorabile; non solo un talento, ma un saggio profeta”.

Potremmo dedicare elogi meritatissimi alla sua arte, potremmo evidenziare la magia della musica, che viaggia e va dove vuole. A me, tra le tantissime sollecitazioni che una storia del genere ti fa pulsare dentro, mi colpisce, più di tutto, il suo essere ostinatamente, semplicemente, definitivamente … libero.

*il mio grazie sincero a Marco Tumino per avermi fatto conoscere, anni fa, questa storia stupefacente  

2 commenti

  1. Meravigliosamente incredibile.
    Bravissimo Marcello

    1. Grazie Carmelo. Mi fa piacere che ti sia piaciuta questa storia. In effetti colpisce davvero, soprattutto la resilienza di quest’uomo saggio e coraggioso. Un abbraccio. Marcello

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