La Città del Sole, opera utopica scritta da Tommaso Campanella nel 1602, rappresenta un’immagine, l’ombra di un’idea, il disegno di una forma di governo, una comunità perfettamente regolata.

La Città dei solari sorge su un’isola dell’equatore, una zona ricca e fertile, dal clima mite, ma soprattutto una zona dove costante è la presenza del sole, simbolo del bene e del divino, e costante è la presenza dell’astrologia, che tutto definisce rigorosamente.

Situata su un colle, è protetta da sette cerchie di muri, ognuno dei quali adornato all’interno e all’esterno, con figure matematiche, carte geografiche, alfabeti e pietre preziose nel primo cerchio, minerali, laghi, fiumi, vini e liquori nel secondo cerchio, piante medicinali nel terzo cerchio, erbe e insetti nel quarto cerchio, animali nel quinto cerchio, arti e inventori e la raffigurazione di Cristo e degli apostoli tra il sesto e settimo cerchio.

Solo attraversando tutti e sette i gironi si può arrivare alla sommità del colle, che si presenta come un’estesa pianura, su cui sorge un grande tempio tondo, privo di mura, sopra il quale una cupola è sostenuta da grosse colonne. La cupola ne ha un’altra più piccola in mezzo (dove ci sono le celle in cui vivono i sacerdoti), con uno spiraglio al di sopra dell’altare. Sopra vi sono due mappamondi, uno dov’è dipinto il cielo, l’altro la terra. Sulla cupola sono raffigurate la volta celeste e le stelle, con i loro nomi e per ognuna tre versi che spiegano la loro influenza sulla vita degli uomini; ai piedi dell’altare, su cui sono sempre accese sette lampade che, come le mura di difesa, prendono il nome dai sette pianeti, il pavimento è decorato da pietre preziose.

Regge il governo un Principe Sacerdote, che si chiama Sole o Metafisico, dotato del potere sia spirituale sia temporale, “E’ un Principe Sacerdote tra loro, che s’appella Sole, e in lingua nostra si dice Metafisico: questo è capo di tutti in spirituale e temporale, e tutti li negozi in lui si terminano”. Egli per poter governare deve avere più di trentacinque anni, in quanto deve arrivare ad essere il più virtuoso tra i virtuosi, il che richiede molto studio ed esperienza. A lui rimane il potere finché qualcun altro dimostra di essere più saggio, il che capita molto di rado. Lo aiutano nella gestione della città Pon, Sin e Mor, che significano rispettivamente Potestà, Sapienza e Amore.
Pon si occupa di tutto ciò che attiene alla vita militare (i soldati, le munizioni, le fortificazioni), alla pace e alla guerra “ha cura delle guerre e delle paci e dell’arte militare, è supremo nella guerra, ma non sopra il Sole”; Sin, invece, amministra la Sapienza, quindi tutte le discipline, “ha cura di tutte le scienze e delli dottori e magistrati dell’arti liberali e meccaniche, tiene sotto di sé tanti offiziali quante son le scienze: ci è l’Astrologo, il Cosmografo, il Geometra, il Loico, il Rettorico, il Grammatico, il Medico, il Fisico, il Politico, il Morale”. La Sapienza della città non è conservata in libri cartacei, poiché qui non esistono, ma in un unico grande libro, appartenente a tutto il popolo: le mura stesse.
Infine vi è Mor, che fa in modo che uomini e donne, unendosi, diano una prole forte e mantengano buona la razza “ha cura della generazione, con unir li maschi e le femine in modo che faccin buona razza” si occupa anche dell’educazione, della sanità, dell’alimentazione e di tutto quello che concerne l’abbigliamento.

I cittadini, i Solari appunto, fuggirono dalle Indie e crearono una nuova economia, senza proprietà private, ma con i beni in comune “Questa è gente ch’arrivò là dalle Indie, che fuggirono la rovina di Mogori e d’altri predoni e tiranni; onde si risolsero di vivere alla filosofica in commune”, tutti sono amici tra di loro in modo sincero, perché non esistono amicizie dovute a interessi personali “Tutte cose son communi; ma stan in man di offiziali le dispense, onde non solo il vitto, ma le scienze e onori e spassi son communi, ma in maniera che non si può appropriare cosa alcuna”, e i bambini cominciano la loro istruzione a tre anni, apprendono la lingua e l’alfabeto e vengono portati da quattro maestri ai piedi delle mura, dove possono acquisire un sapere enciclopedico “Dopo li tre anni li fanciulli imparano la lingua e l’alfabeto nelle mura”. Per rinforzarli li fanno camminare scalzi e li educano tramite il gioco, e dopo i sette anni cominciano ad andare a lezione, ad occuparsi dei pubblici servizi o a lavorare in campagna. L’istruzione non è obbligatoria, poiché ci si deve avvicinare per curiosità, ovvero desiderio di conoscere, e non per costrizione. Le lezioni hanno sempre luogo all’aperto, a contatto con la natura, che deve essere osservata e studiata direttamente. I giovani apprendono molto più velocemente di quanto siamo in grado di fare noi: ciò che noi impariamo in dieci o quindici anni di studio essi lo imparano in un solo anno “E nella città nostra s’imparano le scienze con facilità tale, come tu vedi, che più in un anno qui si sa, che in diece o quindici tra voi” questo accade perché praticano una confessione finalizzata alla purificazione delle coscienze, che permette una minore distrazione da parte delle situazioni mondane e una maggiore concentrazione.

I mestieri più pesanti, come arare o seminare, sono svolti dagli uomini, mentre quelli più semplici o che richiedono minori spostamenti (cucire, mungere, tessere ecc.) dalle donne. Le donne si dedicano alla musica, come i fanciulli, ma non possono suonare trombe o tamburi “che quelle dove ci va fatica grande e viaggio, le fan gli uomini…la musica è solo delle donne”.
Ogni mestiere ha la propria dignità, anche quello più semplice, e fa in modo che il sistema cittadino sia funzionale: tutti portano a termine i loro compiti in sole quattro ore “non tocca faticar quattro ore il giorno per uno”. Trascorrono il resto del tempo a imparare tramite attività ricreative, a camminare, a leggere, tutto sempre con gioia e senza mai stare seduti. Nulla li rende oziosi, se non la vecchiaia, che però porta consiglio.

I vestiti vengono cambiati quattro volte all’anno, a seconda delle stagioni, e una volta al mese lavati nelle fontane che si trovano in ogni girone, “vestono dentro camisa bianca di lino”, mentre è proibito il nero, perché considerato “feccia delle cose”, sinonimo dell’ombra.

Uomini e donne ricevono un addestramento militare a partire dai dodici anni. Non sono sfiorati dalla paura della morte, perché credono nell’immortalità dell’anima, perciò non indugiano contro il nemico. Leggono le storie dei grandi generali del passato ed esprimono un’opinione sulle loro azioni: sono poi i maestri a determinare e indicare quali siano state buone o cattive “Se mai non avessero guerra, pure s’esercitano all’arte di guerra ed alla caccia per non impoltronire e per quel che potria succedere”.

L’alimentazione dei Solari è basata sull’assunzione di carne, frutta e verdura, poiché pensano che sia le piante sia gli animali soffrano e che quindi tra l’uccidere gli uni o gli altri non ci sia differenza “Or essi mangiano carne, butiri, mele, cascio, dattili, erbe diverse, e prima non volean uccidere gli animali, parendo crudeltà; ma poi vedendo che era crudeltà ammazzar l’erbe, che han senso, onde bisognava morire, consideraro che le cose ignobili son fatte per le nobili, e magnano ogni cosa”.

Il sommo sacerdote è il Sole. Sacerdoti sono anche tutti gli altri offiziali, il cui compito è quello di rendere pure le coscienze attraverso la confessione. Anche gli offiziali confessano i loro peccati, e quelli degli estranei, senza nominarli, a Pon, Sin e Mor, che a loro volta si confessano con il Sole “Sommo sacerdote è il sole; e tutti gli offiziali son sacerdoti, parlando delli capi, ed offizio loro è purgar le coscienzeseguon la legge della natura, son tanto vicini al cristianesimo, che nulla cosa aggiunge alla legge naturale si non i sacramenti, io cavo argumento di questa relazione che la vera legge è la cristiana, e che, tolti gli abusi, sarà signora del mondo”.

Tommaso Campanella morì nel 1639: qualche mese prima in una lettera a Ferdinando de’ Medici aveva scritto “il secolo futuro giudicarà noi, perché il presente sempre crucifige i suoi benefattori; ma poi resuscitano al terzo giorno o al terzo secolo”, che sembra essere una degna epigrafe di chi per tutta la vita pensò e credette fermamente alla “renovatio mundi”.

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