Osa e suo marito Nico ci accolgono nella loro casetta immersa nel verde dell’inverno della campagna iblea. In lontananza muri a secco, alberi di carrubbo e mucche. Sullo sfondo dovrebbe vedersi il mare, ma oggi venti capricciosi portano nubi grigie che non promettono pioggia. Immaginiamo soltanto l’orizzonte blu che abbraccia tutto il litorale. Osa ci viene incontro come un folletto biondo, esile e colorato, dagli occhi azzurri che sprizzano energia. Il suo studio si affaccia sulla cucina luminosa, e tutto racconta la gioia della creatività. Maschere, ma non solo: ci sono anche pannelli astratti, figure danzanti, piccoli animali e pesci. E colore, dappertutto.

Il privilegio di visitare lo studio di un artista ti offre la possibilità di sbirciare nel suo processo creativo. Vedo le tue esplorazioni attraverso temi e soggetti diversi. Ti chiedo ciò che non è visibile del tuo percorso: qual è la tua formazione?
Sono nata in Svezia, e di preciso in una piccola isola del Mar Baltico, Gotland, un posto favoloso. Poi mi sono trasferita a Stoccolma per studiare, e ho proseguito i miei studi presso la London Guildhall university (adesso si chiama London Metropolitan University). Lì ho conseguito una laurea in Silversmithing, jewelery design and allied craft (argenteria, design di gioielli e arti applicate). Ma, completati gli studi, sentivo questo settore limitante per la mia creatività e per un po’ mi sono dedicata alla pittura. Ho cominciato a lavorare con creazioni plastiche, prima con la ceramica che mi ha dato grande soddisfazioni, per poi passare alla cartapesta.

La cartapesta, materiale antico e povero, leggero e poliedrico. Quale percorso ti ha condotto alla scelta di questo supporto?
La scelta di questo materiale è motivata anche da ragioni pratiche: per molti anni abbiamo vissuto una vita molto nomade, in giro tra più continenti. La ceramica era impensabile, in quanto presuppone attrezzature, spazi e tempi piuttosto impegnativi. La cartapesta invece si realizza a partire da materiali facilmente reperibili, anche se ti trovi in un’isola tropicale: carta, colla, colori. La cartapesta ha una sua grande dignità, che viene da una lunga storia: è stata utilizzata per manufatti di pregio, oppure per oggetti più legati alla cultura popolare come statue devozionali, marionette, carri allegorici e maschere.
Qualcosa di simile era stato sperimentato già nell’antico Egitto, dove veniva utilizzata una tecnica simile alla cartapesta: si sovrapponevano strati di papiro (la carta non era ancora “inventata”) e gesso per creare i rivestimenti interni dei sarcofagi, che venivano poi dipinti. La cartapesta (dal francese “papier-mâché”, che significa “carta masticata”) come la conosciamo noi, ha origini antiche, risalenti alla Cina intorno al 200 a.C., dove veniva utilizzata per elmi e maschere cerimoniali. La tecnica si diffuse in Persia e nel Medio Oriente, dove venne impiegata per oggetti decorativi. Nei secoli XVII e XVIII, l’Europa rese popolare la cartapesta per mobili e arti decorative. Oggi è ampiamente utilizzata per lavori artigianali, sculture e scenografie teatrali, grazie alla sua leggerezza e modellabilità.

Le maschere sono sempre state un tema presente nel tuo repertorio, oppure sei giunta a questa ricerca attraverso un percorso?
In realtà mi sono immersa in questo soggetto relativamente da poco. Nel 2022 sono stata invitata ad una festa e ho creato una maschera per me. E’ stata un’illuminazione: ho sentito una forte attrazione per questo tema: sono come esseri magici provenienti da un’altra dimensione, che catturano la nostra attenzione e raccontano una storia diversa ad ognuno che li osserva. Ed infatti hanno avuto subito un grande riscontro, sia in termini di vendita sia di feedback successivi. Molta gente mi scrive, mi manda foto per farmi vedere come una mia opera ha illuminato una camera o la cucina.

Puoi spiegarci il tuo l’iter creativo? C’è una fase grafica preliminare, oppure le sculture nascono direttamente attraverso un processo plastico?
Gli oggetti più complessi nascono da un iter progettuale graduale, con degli schizzi generali e poi degli studi per creare l’armatura (che può essere di fili metallici, legno o altro materiale di riuso). In altri casi lavoro direttamente mettendo le mani “in pasta” per piccole sculture oppure opere ottenute dal dialogo tra materiali. Come alcuni animali nati dall’incontro tra legni modellati dal mare e cartapesta.
Pensi che le tue scelte artistiche, come ad esempio i colori accesi caratteristici della tua produzione odierna, siano dipendenti dall’ambiente in cui vivi, o sono più corrispondenti alla tua condizione interiore.
I colori vivaci fanno parte della mia interiorità, mi rappresentano. Però le combinazioni cromatiche risentono della cultura e della natura del posto in cui mi trovo. Nei tropici ho sperimentato l’accostamento tra i blu intensi e le infinite sfumature della vegetazione e della fauna locale. Qui tendo ad accostare tinte più pure, con contrasti più marcati. Quando ero a Malta ho realizzato dei pannelli astratti, con motivi circolari e spiraliformi.

È possibile che sia stato riflesso della cultura megalitica maltese?
Forse sono stata influenzata a un livello subconscio. Tuttavia, non è qualcosa a cui ho pensato consapevolmente mentre li creavo. Ottengo ispirazione da tutto ciò che mi circonda: tutto si mescola dentro di me e, alla fine, ne emerge qualcosa di nuovo. Ciò che creo è solitamente il risultato di molteplici ispirazioni.

Non ti ho chiesto le motivazioni che ti hanno portato qui….quali sono quelle che ti spingono a restare?
Oggi sia io che mio marito possiamo lavorare da casa. Io ho uno shop online attraverso cui vendo le mie opere: Stati Uniti, Germania, Inghilterra e Spagna sono le aree da cui ricevo più ordini, ma praticamente ho clienti in tutto il mondo.
Mio marito è italiano, ma viene dal nord. Qualche anno fa abbiamo visitato la Sicilia e ci siamo innamorati di questa regione. Poi abbiamo trovato un terreno con la vista sul mare, che mi ricorda le atmosfere della mia isola, e abbiamo realizzato il nostro nido a nostra misura. Per noi questa è finalmente casa!

Quali sono i tuoi progetti futuri?
Al momento, oltre alle maschere declinate in vario modo (sto realizzando dei pannelli con dei volti stilizzati) sto realizzando dei piccoli oggetti (spille e ciondoli da indossare) che hanno un grande successo. Un ritorno alle origini della mia formazione, un anello che si chiude? Forse. Poi ho grande desiderio di insegnare, di condividere la mia arte con gli altri. Sto cercando la collaborazione di associazioni ed enti per organizzare dei laboratori di cartapesta. Tra poco dovrebbe iniziare un piccolo percorso di creazione di maschere a Ragusa, presso la sede del Collettivo Ocra. Intorno ad un tavolo, e con le mani sporche di colla e colori possono trovarsi persone di ogni età e di ogni provenienza, geografica o sociale. Tutti parlano la stessa lingua! Penso che realizzare una maschera in cartapesta sia una tecnica liberatoria e inclusiva!

@osarostiart
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