La tutela del patrimonio artistico e culturale italiano, oltre che l’impegno dello Stato stesso nell’investire nella ricerca scientifica e nel progresso tecnico, sono sanciti dal nono articolo della nostra Carta Costituzionale. Da un po’ di anni ormai chiunque frequenti o abbia frequentato le scuole secondarie (vd. il sottoscritto) ha dovuto avere a che fare con l’insegnamento dell’educazione civica, materia spesso indigesta per noi ragazzi ma che attraverso l’imperio di una costanza di erogazione calata dall’alto sta pian piano riuscendo nel difficile intento di inculcare nelle nostre menti, spesso forzosamente, i principi cardine della nostra Costituzione: l’articolo 9 è sicuramente tra questi. Non a caso, quando mi sono ritrovato a riflettere dopo un paio di mesi su come sfruttare il tema della “conservazione”, mi è venuto subito in mente il tema della tutela del patrimonio storico e artistico della nostra nazione, condito tuttavia dagli spunti di alcune esperienze personali che mi legano ad una associazione, della quale faccio parte da più di un anno: SiciliAntica. A beneficio di coloro i quali vengono a conoscenza per la prima volta di questa sigla, vorrei spendere due parole introduttive in merito: SiciliAntica nasce agli albori del nuovo millennio come una realtà di volontariato votata alla tutela, alla valorizzazione e al rispetto del patrimonio artistico e culturale della nostra Sicilia, e quindi anche della memoria storica e collettiva della regione stessa. Non esistono requisiti per entrarvi a far parte, ma ritengo che sia necessaria, precedentemente al tesseramento, una veloce verifica del livello di alcuni parametri comportamentali: in primis dell’intraprendenza, della forza d’animo, in secundis dell’amore che si prova per la propria terra, per la Sicilia: per iscriversi a SiciliAntica bisogna mettere in conto il fatto di doversi sporcare le mani, impegnarsi e faticare per tutelare tutti quei tesori di cui la nostra generazione si fa garante e detentrice (almeno in teoria), ma soprattutto per portare alla luce e valorizzare la mole di siti e attrazioni nascoste che l’incuria di chi ci ha preceduto ha abbandonato ad un declino inaccettabile; tutto questo attraverso attività di studio, ricerca, seminari ed escursioni, sempre nel rispetto dell’autorità competente e nello spirito della vocazione volontaria alla base dello statuto di SiciliAntica. La sede di Caltagirone, una delle prime sia cronologicamente sia per il livello dei suoi membri, due anni fa ha deciso di avviare con la mia scuola un progetto pomeridiano dal titolo “Le maschere dell’oggi”, diviso in due parti: la prima parte consisteva in una serie di lezioni frontali sulle vicende archeologiche nel Calatino, dalla preistoria all’età tardo antica, mentre la seconda parte era incentrata sulla messinscena di una commedia plautina, “Mostellaria”. Nel corso di quel corso ho avuto modo di frequentare il direttivo della sezione caltagironese di SiciliAntica, e mi sono reso conto di come molto spesso la chiave per comprendere meglio la realtà in cui ci troviamo sia prendere consapevolezza dei suoi lati più intimi, più nascosti. Sbloccato questo passaggio, diventerà quasi consequenziale pensare a come questi piccoli tesori nascosti possano essere protetti e valorizzati, nell’ordine di trasmettere la nostra consuetudine rispetto a questi siti a tutti coloro i quali ne ignorano l’esistenza. Mi sono reso conto di quanto sia ingiusto dover fare i conti con un degrado imperante che sta letteralmente cancellando la memoria del nostro passato, e quindi di quanto sia necessario rimboccarsi le maniche e darsi da fare per proteggerlo: noi siamo il frutto di ciò che ci ha preceduti, e capire l’importanza di questo concetto è alla base di una coscienza identitaria più forte, in tutti i sensi. Per questo, di comune accordo con il direttivo adulti, abbiamo deciso di dar vita ad una sezione giovanile, della quale ho assunto la carica di segretario, che da un anno sta portando avanti con intraprendenza una serie di progetti e iniziative che stanno gradualmente risvegliando le coscienze assopite di una cittadinanza, quella calatina, che ha la necessità di riscoprirsi nell’eloquenza delle tracce del proprio passato, per un futuro promettente e speranzoso. Il riscontro c’è, ed è anche buono, ma solo il tempo sarà giudice della bontà e del successo delle nostre intenzioni.

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