In un numero il cui tema centrale è la costruzione vorrei provare a spiegare come si possa costruire il pensiero di ognuno di noi.

Se guardiamo all’aspetto tecnico della questione il riferimento immediato è al costruttivismo, una corrente psicologica che nasce dall’interno del cognitivismo, soprattutto grazie agli studi di Bruner e Piaget, e ha trovato nuovo impulso nella riscoperta postuma delle teorie di Vygotskij.

L’assunto di base di questa teoria è che l’apprendimento è fortemente influenzato da una parte dalla relazione che s’instaura tra il soggetto in apprendimento e i propri pari e, dall’altra, da quella tra il soggetto e un artefatto conoscitivo che egli o ella contribuisce a costruire.

Soprattutto relativamente al rapporto tra apprendimento e gruppo dei pari si incentra il rinvigorito interesse per gli studi di Vygotskij.

Questi è noto come il fondatore della scuola storico culturale russa e riteneva che é nel contesto sociale, storico e culturale che si manifesta e costruisce il pensiero del bambino. Durante le attività pratiche quotidiane egli acquisisce le competenze operative che gli consentono di agire nel mondo e di interpretarlo, grazie all’interiorizzazione di prodotti culturali costruiti e trasmessi dal proprio gruppo sociale. Secondo Vygotskij ogni funzione psichica si presenta due volte nell’individuo, prima quando la assimila dall’ambiente sociale circostante e, in secondo luogo, quando è in grado di riprodurla autonomamente.

Lo sviluppo della persona è visto come un processo di interiorizzazione e di padroneggiamento di attività che hanno favorito lo sviluppo della vita sociale e la mediazione tra persone, tra le quali riveste un ruolo fondamentale il linguaggio.

Sulla base di queste considerazioni possiamo concludere che una teoria dello sviluppo psicologico si deve occupare delle condizioni che fanno progredire gli strumenti conoscitivi posseduti dall’individuo.

Semplificando si potrebbe dire che nasciamo con una dotazione di mattoncini di diverso tipo, come quelli che hanno avuto molti bambini, di colore, forma e dimensione diversa, e il processo cognitivo consiste nel modo in cui noi utilizziamo questi mattoncini e, per essere più precisi, cosa costruiamo con essi.

Rimanendo nella metafora ludica sappiamo che i primi approcci a questo gioco sono fatti di tentativi più o meno sensati di accostamento che, grazie alle persone, adulti o altri bambini, che circondano l’individuo diventano un primo tentativo di costruire forme.

Ogni bambino dunque ha un bel quantitativo di mattoncini a disposizione ma non saprebbe cosa farne se per primo un soggetto che interagisce con lui non iniziasse a fargli vedere come, ad esempio, si attaccano l’uno all’altro. È vero che il bambino potrebbe improvvisare dei tentativi di utilizzo e potrebbe, casualmente, giungere da solo alla realizzazione che con i mattoncini si possa costruire una forma, ma innanzitutto ci metterebbe molto più tempo e poi avrebbe bisogno dell’ispirazione proveniente dall’ambiente circostante per abbozzare la forma di qualcosa che per lui abbia senso. Ora, secondo la teoria del costruttivismo, la vicinanza di un”tutor” più esperto, che può essere la figura di accudimento o anche un bambino più grande, faciliterà il padroneggiamento di questi mattoncini e, ovviamente, ne influenzerà le modalità di costruzione delle forme basandosi sui modelli che la cultura di provenienza gli ha a suo tempo proposto.

Questo vuol dire che il processo educativo è fatto di una serie di incontri, inizialmente in famiglia e, successivamente, nell’ambiente scolastico, sociale e comunitario che rendono possibile una sempre maggiore acquisizioni di forme possibili e di conseguenti disparate costruzioni intellettuali. Più esponiamo i bambini a stimoli culturali differenziati, più incrementiamo da un lato le loro possibilità di combinare le forme partendo dal materiale che hanno a disposizione, ma dall’altro si fornisce anche nuovo materiale su cui costruire forme completamente diverse.

Per comprenderci, in via ipotetica, se si prendessero due gemelli omozigoti, i quali hanno notoriamente lo stesso patrimonio genetico e si esponessero a due ambienti diversi, uno di totale deprivazione socio-culturale e l’altro in uno iperstimolante, ricco di opportunità, riterreste che i due gemelli possano sviluppare lo stesso livello di competenze?

Proprio per questo bisognerebbe riconsiderare la questione della meritocrazia, perché se viene misurata a posteriori è assolutamente falsata, ma se si misura prevedendo la possibilità di fornire pari opportunità di apprendimento a tutti allora la cosa cambia. È stata l’istruzione obbligatoria e gratuita per tutti, per esempio, il motivo che ha determinato il funzionamento dell’ascensore sociale nell’Italia del secondo dopoguerra, ed è l’attuale disinvestimento nell’istruzione obbligatoria da un lato, e l’incentivazione all’istruzione privata dall’altro a generare uno squilibrio che difficilmente potrà essere recuperato tra chi ha accesso a tutte le risorse che un mondo globalizzato gli mette a disposizione e chi, invece, è esiliato da questo villaggio e vive solo degli scarti che esso produce.

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