Negli ultimi tempi appare, quanto mai prima d’ora, evidente che la cultura sia un mezzo attraverso cui accumulare capitale. L’iniziativa europea delle Capitali della cultura iniziata alla metà degli anni ‘80, è un esempio di come una città possa accrescere la propria fama e la propria ricchezza grazie alla sua propensione alla cultura. Questo termine dai contorni oggi sempre più sfumati si adatta sempre più spesso a nuove definizioni e include nuovi ambiti permettendo a tutte le città, anche a quelle più improbabili, di ambire a questo titolo. Ecco perché accanto a Firenze, Parigi e Dublino possiamo trovare Glasgow (capitale della cultura nel 1990), città nota per il suo ruolo industriale più che per i suoi musei. Anche la città scozzese ha investito da allora nell’attrazione di turisti, affidando a questi una parte consistente delle proprie entrate. Come lei numerose città fanno, oggi più che mai, ricorso a nuove forme d’arte per accrescere l’affluenza dei visitatori, finanziando interventi di restauro e riqualificazione di intere aree. Nella maggior parte dei casi, le istituzioni utilizzano le stesse forme di resistenza urbana, come la street art e gli skatepark, per reintegrare quei luoghi nel tessuto urbano.

Più dell’Europa, tuttavia, sono i grandi poli asiatici ad utilizzare il patrimonio culturale come fonte di accrescimento economico. Città importanti come Shangai, hanno aumentato le offerte da parte di cinema, teatri e musei. Altre emergenti come Abu Dhabi, hanno attirato la collaborazione di architetti e artisti da tutto il mondo e hanno cercato di rendere le metropoli delle immense opere d’arte, rifacendosi spesso ai modelli europei ed occidentali.

Questa continua ricerca di attrarre investitori e avventori da parte delle città, ha portato investimenti pubblici e privati verso le aree di maggiore interesse, rendendole più o meno ricche di servizi e opportunità ma allo stesso tempo, accentuando la differenza con le periferie, sempre più spesso abbandonate a loro stesse. L’uso dei moderni social media, come Instagram e Tiktok, ha favorito la diffusione di immagini-vetrina di luoghi che, diventando virali, sono stati presi d’assalto, perdendo la tranquillità e in alcuni casi la loro unicità. Allo stesso tempo i centri storici di molte città europee si sono svuotati a causa dell’espansione del fenomeno delle case vacanza. L’overtourism, ha, inoltre, reso impossibile trovare case in affitto per famiglie e studenti universitari, generalmente meno remunerative per i locatori. Interi quartieri sono andati incontro a fenomeni di gentrification, vedendo completamente sostituiti i loro abitanti, un tempo operai, da nuovi acquirenti appartenenti a classi più elevate. La cultura è sempre più spesso un bene di lusso e le città riflettono benissimo questo problema. Se da una parte il patrimonio culturale è un potente motore di sviluppo, dall’altra rischia di diventare esclusivo e inaccessibile. La sfida per le città del futuro è di saper coniugare bellezza e giustizia sociale, crescita economica e coesione urbana.

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