
Avete presente il bar di Nati stanchi dove Picone e Ficarra andavano a chiacchierare con gli amici? Ecco, quel locale, che si trova a Palazzolo Acreide, in piazza del Popolo, accanto alla chiesa di San Sebastiano, da qualche anno è diventata, nei fatti, la sede della cooperativa “Mediblei” che, lo leggiamo dal loro sito, “non si occupa soltanto di visite guidate e di tour nella più classica delle accezioni: ci piace narrare paesaggi e luoghi in modo non convenzionale, amiamo coinvolgere i più piccoli e abbiamo una sede pronta ad accogliere lavoratori in smart working e nomadi digitali da tutto il mondo”.
Sara Curcio Raiti, 37 anni, è la presidente della cooperativa (“perché sono l’unica donna e quella che parla più di tutti”, ci dice lei ridendo). Quella sera, allo “Spazio”, si era tenuta un’affollata presentazione di un libro. Al termine abbiamo fatto una chiacchierata.
Sara, quando e perché nasce Mediblei?
Nasciamo esattamente il 9 luglio del 2019 e siamo stati la prima cooperativa di comunità della provincia di Siracusa. Nonostante nessuno abbia ancora ben chiaro quale sia il principio delle cooperative di comunità, ci affascinava il fatto di cooperare e lavorare insieme. In più, nello statuto della cooperativa di comunità è previsto che i soci lavorino in favore del territorio. E così noi abbiamo scelto di lavorare per il territorio del comune di Palazzolo Acreide ma, in una visione futura, anche per il territorio di Buscemi, Buccheri, Cassaro, Ferla, Canicattini Bagni. In questa scelta abbiamo individuato l’area che un tempo era quella dell’unione dei comuni. Perché nasce? Ti dico prima la motivazione che ci siamo dati sei anni fa. E poi qual è, secondo me, la consapevolezza che abbiamo oggi.
Quando siamo nati, noi soci (all’inizio eravamo cinque, poi siamo diventati quattro, dopo un po’ tre e adesso siamo tornati ad essere quattro) non ci conoscevamo molto bene, ma per una serie di fortuite coincidenze ci siamo di trovarti e abbiamo scoperto che avevamo in comune il fatto di credere in questo territorio e di voler diventare anche veicolo di cambiamento.
Adesso, dopo sei anni, ti dico che secondo me il motivo che ci ha fatti trovare come persone è che abbiamo delle storie molto simili. A livello di vissuto siamo delle persone estremamente strutturate, come carattere, come personalità, e siamo riusciti a creare una realtà che ci rappresenta, che ha scelto di non lasciare indietro nessuno di noi. Perché ciascuno di noi, in alcuni momenti della propria vita, si è dovuto sbracciare più di altri per non rimanere indietro. Probabilmente la forza di Mediblei è quella di essere riusciti a canalizzare le difficoltà e la rabbia che covavano in ognuno di noi nel positivo invece che nel negativo.
Sei nata a Noto, cresciuta a Siracusa, com’è che ti ritrovi a Palazzolo?
A Palazzolo non sono nata e nemmeno vi sono cresciuta. Ci venivo con mia mamma in vacanza. Ma per me Palazzolo è stata importante per due cose. Vengo dal mondo del giornalismo radiofonico e in passato ho fatto delle inchieste legate all’ambiente. Una di queste, un’inchiesta sul petrolchimico di Priolo e Melilli, mi ha cambiato profondamente perché mi ha fatto capire alcune cose che riguardavano l’entroterra del siracusano. Con l’industrializzazione lungo la costa, questi territori hanno perso presidi umani, perché la gente non ha più lavorato in campagna e la campagna era il motivo per cui questi luoghi esistevano. Parlo di Palazzolo ma anche di Buscemi o di Cassaro. Il futuro per questi luoghi non esiste. Nessuno pensa a cosa sarà il post industriale a cosa sarà il futuro dell’agricoltura per questi territori. Questa è la terra dei miei nonni, e non accettavo il fatto che qui non ci fosse più nessuno a presidiarla, che la raccontasse.
Un’altra cosa che mi ha spinta a tornare a Palazzolo e mettere su questo progetto è stato il fatto che un giorno, eravamo nel 2014, con mia mamma siamo partiti per andare a Sortino e siamo passati accanto a Priolo e Melilli. Quella passeggiata mi ha aperto un mondo perché mi sono resa conto che questo territorio era denso di storia, aveva tante cose da raccontare, ed era un peccato che non ci fosse qualcuno che le raccontasse. In quegli anni Noto stava spiccando il volo come località turistica grazie soprattutto ai tanti investimenti da parte di persone che venivano da fuori. Ma chi viene da fuori non ha la stessa sensibilità di chi questi posti li vive, e quel giro con mia mamma mi ha fatto sentire responsabile nei confronti di questi luoghi e mi ha fatto pensare che dovevo fare qualcosa.
E dunque cosa fate per promuovere questo territorio?
Lavoriamo all’interno di uno spazio di prossimità che si chiama “Spazio San Sebastiano”. La svolta nella vita di Mediblei è arrivata grazie a un partenariato con la parrocchia di San Sebastiano e all’incontro con il suo parroco, Padre Salvatore Randazzo, che nel 2021 ha avuto una intuizione che coincideva con quella di Mediblei e cioè professionalizzare l’accoglienza all’interno nella basilica San Sebastiano, che è patrimonio Unesco, riconoscendo, in questo modo, il fatto che un bene monumentale non debba solo essere un luogo di preghiere ma anche un spazio di conoscenza.
Si può quindi attraversare lo Spazio San Sebastiano non soltanto per prendere l’ascensore (dallo “Spazio” si può accedere alla chiesa grazie a un ascensore situato al suo interno, ndr) ma allo stesso tempo si può farlo attraversando, per esempio, una galleria d’arte.
Da questa intuizione nasce appunto Spazio San Sebastiano. E se potrebbe essere naturale immaginare che lo “Spazio” e Mediblei sia due entità diverse, negli anni ci siamo accorti che invece c’è una grande fusione tra loro due. Nei fatti, Spazio San Sebastiano è Mediblei. E viceversa. Perché questo spazio promuove il territorio ma promuove soprattutto noi che ci stiamo dentro.
Come ti dicevo prima, ci siamo accorti che posti come questo possono trasformare sentimenti di rivalsa in qualcosa di positivo. Quindi, il fatto che chiunque entri qui dentro si riconosca, nel bene o nel male, in questo progetto e dice “ok, io sono a casa, non mi sento giudicato, posso esprimermi come voglio” e che questo lo faccia sia da residente o da viaggiatore, secondo me è il modo in cui Spazio San Sebastiano promuove il territorio ibleo.
Sara, siete quindi riusciti a raggiungere gli obiettivi che vi eravate dati?
No, Abbiamo raggiunto uno degli obiettivi di Mediblei, ma col tempo ne vorremmo centrare altri.
Cosa manca?
Sicuramente la replicabilità del progetto. A Palazzolo c’è Spazio San Sebastiano, ma perché non immaginare che luoghi come questo possano esistere anche in altri posti, che possano parlare lo stesso linguaggio? Ci piacerebbe diffondere quello che noi abbiamo imparato in questi anni. Vorremmo cercare, attraverso un processo di germinazione, di portare fuori tante buone pratiche che possono essere utili anche ad altri territori. È poco modesta come risposta? Ma noi puntiamo a cose grandiose, sennò mica saremo qua… (ride, ndr).