
Operaincerta, oltre ad essere il mensile che state leggendo, è anche una casa editrice nata nel 2007 sull’onda dell’emozione per la prematura scomparsa di Lorenzo Vecchiato, uno dei nostri collaboratori. Tracce di blues era il titolo della sua rubrica, ed è stato, raccogliendo i suoi articoli scritti per il giornale, il primo titolo della casa editrice.
Oggi Operaincerta editore ha nel suo catalogo oltre 120 titoli. Questi che seguono sono gli ultimi volumi pubblicati, in ossequio al tema del mese, che molte delle ispirazioni derivano dall’essere parte di una città, dei suoi racconti e delle sue vicende sociali e politiche. Buona lettura.
![]() Angelo Di Natale Data di Pubblicazione: aprile 2025 |
Giovanni Spampinato e Giuseppe Impastato sono stati ammazzati in giovane età, il 27 ottobre 1972 e il 9 maggio 1978, in due lembi estremi di Sicilia, Ragusa e Cinisi, perché raccontavano in pubblico, sui giornali e alla radio, la verità. E perché continuavano a cercarla ogni giorno: una minaccia per i mafiosi e i loro traffici; per i fascisti che ne erano alleati per abbattere con le bombe la democrazia; per i settori dello Stato complici dell’eversione nera. Impastato ha avuto subito verità e, in ritardo, anche giustizia. Spampinato né l’una, né l’altra. Le parole di Giorgia sono le parole di Giorgia Ragusa, la madre di Giovanni, pronunciate il pomeriggio del 9 maggio 1979, dopo avere visto duemila ragazzi a Cinisi, nell’anniversario del delitto Impastato, dare vita alla prima manifestazione nazionale antimafia della storia. Sono le parole di una madre che, sei anni e mezzo dopo l’assassinio del figlio, calunniato e ucciso anche da morto, in quei giovani di Cinisi vede per la prima volta un barlume di speranza: che anche Giovanni, come Peppino, possa avere almeno verità nelle piazze, se non giustizia nei tribunali. Le sue parole ci consegnano il vero Giovanni Spampinato, morto per la verità e che perciò, se potesse, vorrebbe farci conoscere anche questa verità, affidata alla madre. |
![]() La follia della pietra bianca |
In questi racconti la follia si insinua sottile, spesso inspiegabile, volutamente intrecciata con la normalità Con il contributo di Marisa Mattei, Serena Curiale, Chiara Canzonieri, Claudia Sudano, Concetta Tummino, Gaudenzia Flaccavento, Maria Stracquadanio, Marianna Occhipinti, Lucia Adamo. Nove diverse sensibilità, nove stili, nove diversi approcci con la scrittura. Volume a cura di Mariagiovanna Fanelli. |
![]() Ciccio Schembari |
La metà dei racconti di questa raccolta sono parte del lavoro, interessante e faticoso, svolto da Ida Del Vecchio che è andata in giro per la provincia di Ragusa alla ricerca di persone che avessero da raccontare un qualche cuntu. L’origine dei cunti è antica e nasce dal bisogno di narrare ciò che ci succede attorno, di dare senso ai comportamenti e alle relazioni. I cunti sono l’espressione più elementare per soddisfare questo bisogno. Gli autori dei cunti sono analfabeti e la trasmissione è orale. Ora purtroppo questa tradizione s’è persa. Ma il lavoro di Ida ha riacceso nell’autore la passione per il raccontare che era un’arte che si acquisiva alla “scuola dei narratori”, ascoltando i narratori. Da questo percorso e dal piacere per la scrittura è nata questa raccolta. I cunti sono riportati solo in lingua italiana perché il siciliano si legge con fatica e quasi nessuno lo fa. È presente invece, tramite QR Code, la videoregistrazione della recita in siciliano di 25 cunti, effettuata dall’autore in veste di narrAttore, per un totale di quattro ore e mezza. Completa la raccolta una seconda sezione “I carretti cuntunu e ratacuntunu”. Il volume si chiude con due riflessioni: una sui cunti di truvature e l’altra sui proverbi. |
![]() Stefano Roncoroni |
Questo è un libro costruito come una scultura realizzata con la tecnica dell’aggiungere, avendo come struttura di sostegno quel fondamentale e imprescindibile documento che è la lettera del 22 settembre 1939, con la quale il padre gesuita Ettore Caselli annunziava alla famiglia di Ettore la morte del loro congiunto. Questo non è il primo libro che l’autore scrive sulla scomparsa del prozio Ettore Majorana, ma potrebbe essere l’ultimo, perché con gli altri suoi libri, anche loro mirati e particolari, forma oramai un tutt’uno; tutti ricostruiscono con buona approssimazione e per intero il reale svolgersi di questa vita, accontentandosi di aver risolto, dei tre cardini che compongono una morte, il come il dove e il quando, solo quest’ultimo, che possiamo fissare, in un modo approssimato al 22 settembre 1939. Può sembrare un risultato di poco rilievo, questo finale fumoso, impreciso e così diverso dal solito e da come ce lo aspettavamo o avremmo voluto che avvenisse. Non appaga il nostro desiderio di verità, ma da sempre, la storia dell’uomo, nella maggior parte dei casi, manca di un finale reale, a favore di uno che ci siamo costruito nella nostra mente. Questo è quello che è successo per il caso Ettore Majorana e dobbiamo farcene una ragione. Perché Ettore non è casualmente scomparso ma è ‘quello che è voluto scomparire’ e quello che non è voluto ritornare in seno alla sua famiglia e al suo lavoro e che ha impedito che ad entrambi fossero comunicati i dati della sua scomparsa e della sua fine e, soprattutto, che ha dato al raggiungimento di questo scopo il suo notevole contributo d’intelligenza e di forte distacco. |
![]() Andrea Iurato |
Gli Stati Uniti sono il Paese più ricco e potente del mondo ma non è sempre stato così. Le parole dell’America è un racconto dettagliato su come essi siano diventati quello che sono oggi. Come si elegge il presidente, il ruolo dell’immigrazione, il confronto con la Cina, la campagna elettorale più costosa del mondo, l’isolazionismo e i rapporti internazionali, Donald Trump e la tenuta della democrazia, il rapporto morboso con le armi e gli attentati ai presidenti, il diritto d’aborto e la Corte Suprema, i padri fondatori, la mancanza di dialogo tra democratici e repubblicani, la crisi degli oppioidi e il calo della speranza di vita. E ancora, l’autoghettizzazione, il Gerrymandering, il razzismo e l’estremismo e molto, molto altro. |
![]() Nuccia Filomena Fontana |
Fino a qualche decennio fa la gastronomia della tradizione ragusana era poco conosciuta, probabilmente per la posizione geografica di questa provincia e fuori dai circuiti turistici nazionali e internazionali. Depositarie della vera gastronomia tradizionale erano le famiglie, e in particolare le donne. Spesso si preparavano delle ricette laboriose: tutte le donne si mettevano intorno al tavolo e lavoravano insieme, dividendosi i compiti. Era anche l’occasione per stare tutti insieme. Un momento intergenerazionale, in cui si raccontavano le storie, si parlava di argomenti familiari e c’era uno scambio tra generazioni, in cui perpetuare le storie di famiglia, i ricordi, i cunti. Di tradizione contadina, la provincia di Ragusa è conosciuta per i diversi prodotti della terra coltivati nei differenti comuni. Vittoria, per la serricoltura che permette di ottenere ortaggi in grande quantità e in diversi periodi dell’anno; Acate, per le uve da cui si ottiene il Cerasuolo; Chiaramonte Gulfi e Frigintini, per le olive dalle quali si estrae l’olio extra-vergine d’oliva DOP dei Monti Iblei; Giarratana, per la tipica cipolla straordinariamente dolce e dalle dimensioni molto grandi; Modica, per la fava cottoia e il cioccolato; Scicli, per il fagiolo cosaruciaro; Ispica, per il sesamo e il miele di timo ibleo; Ragusa, per le produzioni di latticini, ricotta, caciotte e formaggi stagionati come il caciocavallo Ragusano DOP. |