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Modica-Roma, andata e ritorno

Meno Occhipinti 14 marzo 2024


Antonio Pluchino, modicano, innamorato della settima arte, ha vissuto a Roma per tanto tempo occupandosi e vivendo di cinema e del mondo che gli gira attorno. Da qualche anno è ritornato a Modica per continuare il suo lavoro nella città che gli ha dato i natali. Lo abbiamo incontrato e gli abbiamo chiesto di raccontarci la sua storia.

Antonio, che studi hai fatto? Scuola d’arte? Scuola di cinema?
Niente di tutto ciò, ho frequentato l’industriale.

E da cosa nasce la tua passione per il cinema?
È nata quand’ero ragazzino e andavo a vedere i film del cineforum che Giorgio Colombo organizzava nella parrocchia di San Giorgio. Alla fine della proiezione c’era Giorgio che spiegava i film. Io mi sono innamorato di questa cosa e mi sono detto che “da grande” avrei voluto fare l’insegnante di cinema.

Cosa che poi hai fatto.
Sì. Quando avevo 17 anni mi sono iscritto a un corso che teneva il semiologo Nazareno Taddei, sui castelli romani. Un corso di due settimane intensive che aveva come tema la “Semiologia del cinema”, un tema tosto ma molto affascinante. È lì che ho veramente conosciuto il cinema.

Conosciuto il cinema, ti ci sei buttato dentro.
Tornato a Modica ho avuto la fortuna di incrociare un produttore ragusano che ha avuto il “coraggio” di finanziarmi Talìa, un documentario di fantasia su Modica.

Cos’è un documentario di fantasia?
Documentario di fantasia vuol dire che non si documenta quella che è la realtà oggettiva. I clown di Federico Fellini è uno dei più grandi esempi di questo genere. In pratica non è la realtà a raccontarsi ma è il regista che racconta la realtà attraverso i suoi occhi.

Giri Talìa e il documentario viene selezionato per un concorso internazionale.
Sono andato a montare il documentario in uno studio privato, a Roma. La montatrice era una professionista tedesca che tra le altre cose organizzava un concorso internazionale di video arte e documentari chiamato “Monitors”. Il mio lo hanno selezionato per rappresentare l’Italia. È stata questa cosa a darmi il coraggio per continuare nel mondo del cinema.

E sei partito per Roma.
Così è stato. Una mattina mi sono alzato, ho preso il treno e sono andato a Roma. All’epoca non si partiva per viaggiare, per conoscere le città. A Modica non c’era ancora il barocco, non c’era il cioccolato. La parola turista era una parola sconosciuta. Si andava via da Modica solo per fare l’emigrante. All’epoca avevo circa vent’anni e mi sono ritrovato a Roma senza avere competenze specifiche, senza conoscere nessuno e senza una lira. È stato un momento complicato. Certe scelte che facciamo hanno un prezzo da pagare, ma io sono contento di aver fatto quella scelta.
Sono partito da piccoli lavori e un po’ alla volta sono cresciuto, e a un certo punto mi sono anche ritrovato ad insegnare cinema in una scuola privata che, dopo qualche tempo, ho potuto anche gestire in prima persona. Nel frattempo mi sono sposato, continuando a fare lavori soprattutto come operatore di ripresa. Quella è stata un’ottima scuola per imparare. Lavoravo per una società e producevamo di tutto, dalle riprese per i telegiornali per le piccole televisioni locali ad ogni altro genere di documento video. Questo mi ha permesso di vivere, facendo però anche altri lavori, come il cameriere. Ad un certo punto, insieme a degli amici abbiamo deciso di aprire una scuola tutta nostra nientepocodimenoche a Roma, la città del Cinema.

Che scuola?
Da un lato una scuola di cinema, dall’altro avevamo una settore che si occupava di servizi sociali e organizzavamo corsi di formazione per operatori, ma anche servizi per bambini autistici o con altre disabilità. Facevamo anche formazione per l’avviamento al lavoro nel mondo del cinema. Poi sono stato chiamato ad insegnare, come esperto esterno, prima all’università di Viterbo e poi alla Sapienza e ho avuto degli incarichi anche dalla Cattolica. È stato veramente un momento magico. È stata la mia ascesa al cielo, un cielo non altissimo, ma entusiasmante.

Quanto è durato questo periodo?
Siamo andati avanti per una quindicina di anni. Partecipavamo ai bandi regionale ed europei e grazie a questo siamo diventati una grande scuola, tra le più importanti d’Italia. Solo che ad un certo momento la magistratura si è interessata a questo genere di finanziamenti e ha iniziato ad indagare sui fondi europei. Ne siamo usciti pulitissimi ma intanto per più di un anno furono bloccati i finanziamenti e noi ci siamo trovati in difficoltà. Prima, per poter andare avanti, ci siamo ridimensionati, e nel frattempo ho lavorato come montatore con alcuni registi che facevano soprattutto documentari.
Intanto Roma stava cambiando, era diventata una città sempre più difficile. E così, poco prima che scoppiasse il Covid, ho deciso di tornare a casa.

Cosa fai adesso?
Ho messo su un progetto che si chiama “Immagina” e lavoro soprattutto con gli adolescenti. Perché, secondo me, bisogna ribaltare il paradigma che dice che i giovani debbano essere solo gli utenti, i fruitori della cultura. Il mio progetto invece vuole creare un sistema in cui sono i giovani ad essere soggetti attivi. Con “Immagina” vogliamo produrre cultura di qualità nel territorio. Tutto ciò si ottiene lavorando sulla singola persona. Se la persona accanto a te non cambia non cambia nemmeno la società.

Immagina ha una sede “particolare”
Il comune di Modica ha creduto nel nostro progetto e ci ha dato in comodato d’uso la chiesa di san Nicolò ed Erasmo a Modica Alta, cioè nella zona più abbandonata della nostra città.
Aprire a Modica Alta, un posto dove la gente non vuole più vivere, dov’è difficile anche parcheggiare l’auto, è stata una scommessa che, per fortuna, abbiamo vinto. Adesso alle nostre iniziative arriva tanta gente, e siamo felici di questo.
Ora stiamo provando a fare diventare la nostra sede un Teatro Off (si chiamerà “Teatro 5”, in omaggio a Fellini che ha sempre realizzato i suoi film nello “Studio 5” di Cinecittà).
Con il progetto di portare in scena i grandi classici, da Shakespeare a Ionesco ma in un modo diverso, in parte recitando e in parte rappando, una sorta di Teatro Rap. Un modo per “motivare” i giovani a leggere, e soprattutto a capire, testi che altrimenti non avrebbero forse mai letto.

Meno Occhipinti

Meno Occhipinti, giornalista e scrittore, è nato a Ragusa nel 1961. È tra i fondatori di questo mensile e ha collaborato con il quindicinale La Città e con il portale di informazione Italianotizie.it
Ha pubblicato i romanzi Le parole sono chiuse (1996) e Fragili legami (1998). È stato l’addetto stampa del Padua Rugby e ne ha raccontato la nascita nel libro Ragusa Rugby, genesi di una passione (2018). Nel 2021, insieme a ‘U Gaddru, ha pubblicato Ragusa grande di nuovo, una raccolta di articoli satirici, e nel 2023 ha pubblicato Interviste, i musicanti, i teatranti, gli altri.

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