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Inventrice di giochi

Meno Occhipinti 14 maggio 2024


Irene Guerrieri è un architetto che dedica la sua professione allo studio del design per l’infanzia e del gioco educativo, collaborando con aziende leader nel settore sia in Italia che all’estero. È anche una docente in design del giocattolo presso università e scuole di specializzazione, oltre che progettista e illustratrice di libri per bambini. Operaincerta l’ha incontrata.

Irene, tu sei un architetto, ma anche un designer, un’illustratrice. Chi è veramente Irene Guerrieri?
Sono un architetto che progetta giochi, spazi e materiali didattici ed educativi, ma che lavora anche a libri illustrati. Tutti lavori che hanno come focus i bambini, l’infanzia.

E com’è che un architetto si mette a progettare giochi per bambini?
Tutto è partito durante il mio periodo universitario. Mi ero avvicinata al mondo dell’infanzia illustrando libri per alcune case editrici di Roma. Poi, quando mi sono laureata, per la tesi ho progettato un parco giochi ispirato alla fiaba di Pinocchio. Sono state esperienze che mi hanno fatto appassionare a questo mondo. Nel corso degli anni ho anche avuto la fortuna di incontrare importanti professionali figure come Bruno Munari, ho studiato personalità come Maria Montessori, ho approfondito aspetti legati alle normative che si devono rispettare quando si progetta un gioco, e oggi posso dire di sentirmi abbastanza specializzata in questo ambito. Conosco sia lo stato dell’arte che le regole da rispettare per poter fare un buon prodotto, ma la mia ricerca rimane sempre viva e costante.

Come nasce l’idea un gioco?
Spesso osservando la natura. Perché la natura è una grande ispiratrice di forme e di strutture. Sono una persona curiosa e a volte mi basta osservare una forma o un colore perché mi scatti qualcosa dentro e da lì mi vengono delle idee che mi portano alla realizzazione di progetto. Mi piace anche osservare i bambini che giocano e da lì cercare delle risposte a quello che è il loro modo di agire spontaneo.

Qual è stato il primo gioco che hai progettato?
Il primo l’ho progettato nel 1995 e non era un vero e proprio gioco anche se poteva diventare un oggetto ludico. Era un accessorio da tavola, un omino in gomma che cambiava posizione a seconda da come gli incastravi le gambe o le braccia. E di volta in volta poteva diventare un poggiaposate, un segnaposto, un portatovaglioli. Insomma un oggetto con tante funzioni buffe, con il quale poter anche giocare, oltre che diventare un oggetto di arredo, in considerazione del fatto che nella confezione c’erano sei omini tutti di colori diversi, utili per apparecchiare una tavola allegra.

E l’ultimo?
L’ultimo in realtà sono due perché contemporaneamente ho lavorato a “Rocco” e a “Tiny House”. “Rocco” è un giochino per bambini molto piccoli, un gioco utile per lo sviluppo della tattilità. Si tratta di un bruco firmato da diversi elementi di legno ognuno con una propria texture e una forma diversa. Gli elementi che lo compongono sono attraversati da un anello che produce rumore muovendolo. Lo produce un’azienda che si chiama “Milani Wood”. Il gioco l’ho chiamato “Rocco” perché questa azienda in origine produceva rocchetti di legno, dai quali ho preso l’ispirazione per il gioco.
In contemporanea sono usciti tre miei giochi diversi per la “Dal Negro”, di cui fa parte “Tiny House”, un mazzo di carte con dei tagli per permettere l'incastro e delle illustrazioni che richiamano le stanze di una casa, con gli elementi che la caratterizzano, dagli arredi ai pavimenti. Incastrando le carte le une alle altre ciascuno si può costruire la propria casetta.
Mi piace che i giochi siano aperti, non strutturati, perché un gioco aperto lascia al bambino la possibilità di essere lui il vero progettista. Il materiale fornito deve lasciare la possibilità, a chi vi gioca, di inventare nuovi modi per costruire qualcosa.

Tu sei anche un’illustratrice. Che rapporto c’è tra la progettazione di un gioco e il disegno?
C’è un rapporto molto stretto perché si parte sempre da un disegno a matita. Adoro disegnare. L’ho sempre fatto, fin da piccola. Tutto parte da un disegno, dall’incontro della matita con il foglio di carta. La matita e il disegno sono alla base di tutto, l’espressione creativa parte dal disegno. Poi, è vero, dietro a ogni progetto c’è anche la progettazione digitale che favorisce lo sviluppo dell’idea, ma si parte sempre da un disegno.

E tu ti senti più disegnatrice o più inventrice?
Questa è una bella domanda. Io mi sento entrambe le cose, sono le due cose insieme. Mi piace molto disegnare, ma disegno per inventare qualcosa, che sia un oggetto o un’illustrazione. Mi piace fantasticare, immaginare. Questa è una caratteristica dei bambini. Evidentemente, dentro di me, io mi sento ancora una bambina.

A cosa stai lavorando in questo momento?
Ho appena finito di lavorare a un libro, Designing Educational Toys & Spaces, Franco Angeli editore, che è in libreria da qualche giorno, un viaggio attraverso figure storiche e contemporanee che non lascia indifferenti rispetto a quanto possiamo ancora fare in ambito educativo in termini di progettazione di spazi e materiali.

www.ireneguerrieri.it

Meno Occhipinti

Meno Occhipinti, giornalista e scrittore, è nato a Ragusa nel 1961. È tra i fondatori di questo mensile e ha collaborato con il quindicinale La Città e con il portale di informazione Italianotizie.it
Ha pubblicato i romanzi Le parole sono chiuse (1996) e Fragili legami (1998). È stato l’addetto stampa del Padua Rugby e ne ha raccontato la nascita nel libro Ragusa Rugby, genesi di una passione (2018). Nel 2021, insieme a ‘U Gaddru, ha pubblicato Ragusa grande di nuovo, una raccolta di articoli satirici, e nel 2023 ha pubblicato Interviste, i musicanti, i teatranti, gli altri.

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