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C'era una volta la casa moderna

Gina Massari 14 aprile 2024


C’era una volta la casa moderna. Un luogo pensato per la famiglia numerosa degli anni Sessanta, Settanta e Ottanta, del boom economico e dell’industrializzazione, dei nuovi elettrodomestici, delle prime TV a colori che accomunavano il Paese e della pubblicità che semplificava la vita di tutti i giorni o accendeva desideri impensati. Quella casa, per essere un luogo in grado di rendere felici tutti, rispettava regole abbastanza rigide. Indipendentemente dalla grandezza, dal numero di stanze, dalla composizione del nucleo familiare ogni abitazione doveva rispondere ad alcuni requisiti essenziali. Primo tra questi avere una stanza di ricevimento ospiti, sempre pulita e ordinata, ricca di piante verdi, centrini appollaiati sui braccioli dei divani e sui tavoli, un divano di discrete dimensioni. In genere era una stanza dedicata solo alla “rappresentanza”, magari con un mobile ricco di amari, whisky e cognac molto invecchiati, vassoi di cioccolatini e vari oggetti di argento disseminati qui e lì. Poi c’era un soggiorno o una cucina che era il vero cuore della casa. Un luogo dove certamente si mangiava, si guardava insieme la TV, i piccoli svolgevano i compiti scolastici o giocavano, si leggeva il giornale e in genere si prendeva il caffè con i vicini di casa o con i parenti più prossimi.
E cucinare? Quello no. L’attività di preparare i cibi era un momento intimo, riservato, racchiuso in una stanza-bunker nascosta alla vista. Anche case molto grandi, in genere, avevano il “cucinino”, un luogo attrezzato e magico dove si preparavano i pasti per i pranzi e le cene. Era una stanza che si sottraeva allo sguardo dei visitatori, un po’ per il pudore di avere un posto che poteva anche restare lievemente in disordine un po’ perché preparare i pasti era un’attività riservata, a cui si dedicavano in genere le donne della famiglia e che era più opportuno non esibire. Un’attività di servizio insomma. Poi c’era il bagno, o i bagni negli appartamenti più grandi, che neanche a dirlo rispondeva all’esigenza fisiologica per cui era stato pensato, quasi sempre arricchito da un immancabile vasca da bagno. Dopo il bianco dei primi locali, ci si è sbizzarriti con bagni di tutti i colori: piastrelle sui muri, alte fin quasi al soffitto, di colore verde, optical o blu, ma anche sanitari nocciola, avorio o bordeaux.
Infine, senza troppi scossoni le camere da letto. Almeno due: la matrimoniale, con armadio enorme per le quattro stagioni dell’anno e una cameretta dove dormivano i piccoli della casa. Più erano i figli più erano le soluzioni ingegnose: letti a castello, letti apribili, letti estraibili, soppalchi, divani letto. Tutti gli spazi ovviamente erano regolati da un corridoio, lungo e stretto su cui si aprivano le porte di tutti gli ambienti.
Anche il modo di pensare la casa, però, è cambiato con il tempo. Dagli standard quasi uguali per tutte le famiglie si è passati a soluzioni diverse che vanno dall’open space, ai multilivelli, ai loft. Il primo aspetto che è stato rivoluzionato in quasi tutte le abitazioni che rispondono al modern concept dell’abitare è la rivalutazione delle cenerentole di casa: la cucina e il bagno. Quando si arreda una nuova casa sono i primi due ambienti che vanno pensati, studiati e preventivati in termini di spazio ed economici.
La cucina moderna, infatti, non solo è “a vista”, illuminata e sottolineata da componenti di arredo particolari come controsoffittature, rialzi, carta da parati, ma è anche allocata in modo strategico per favorire la convivialità, la condivisione. Gli elettrodomestici somigliano alla torre di comando di un aereo: belli, funzionali e non per forza utili.
Analogo discorso per il bagno, luogo sempre più di relax, somigliante ad una piccola spa domestica con sanitari sospesi, docce a vista walk-in, mosaici, piastrelle decorate a mano, pitture e quadri. Luoghi da vivere e non da nascondere, così dicono gli architetti e gli interior design. Non esistono più, insomma, stanze chiuse e inaccessibili, tutto è fruibile, visibile e confortevole. La casa dei nostri anni Venti deve essere comoda e avere ulteriori requisiti che si sono resi necessari anche alla luce delle esperienze legate alla pandemia. Deve infatti prevedere uno spazio agevole dove poter accedere ad un pc, per lavorare da casa, per giocare, per acquistare o comunicare, in qualunque condizione, con il resto del mondo. Infine le camere da letto. Minimal, moderne, super accessoriate, con letto sospeso, con bagno privato in camera, con cabina armadio… insomma nessuna regola, l’importante è che rispecchi il modo di essere e le esigenze di chi in quella stanza sogna a fine giornata.
È chiaro che esiste una filosofia della casa e dell’abitare. Grandi pensatori come Kant o Heidegger hanno teorizzato che le dimore sono dei luoghi in senso filosofico: gli spazi di una casa vivono l’attesa di essere insediati e umanizzati. Cambiano i tempi, i modi di vivere e la socialità, così i luoghi si trasformano, gli spazi interni si chiudono o si aprono, le case si accendono di colori, carta da parati o ritornano bianchi e austeri.
La casa è considerata una metafora attiva dell’avere cura, di se stessi e di chi ci circonda. Essere accolto nell’abitazione di qualcuno ci rivela tanto del nostro ospite. Una grande libreria svela l’amore per la lettura, così come indicativi di passioni sono i dischi, le fotografie, i quadri, i tappeti, le piante. Infine, senza scomodare la psicologia dell’abitare, vera e propria materia accademica, per comprendere quanto è importante lo spazio domestico per gli esseri umani è sufficiente ricordare che nella famosa Piramide dei bisogni di Maslow l’abitare si trova tra i bisogni di sicurezza, appena dopo quelli fisiologici. E come dargli torto?

Gina Massari

Formazione tecnica, studi umanistici, lavoro sociale e, oggi, responsabile delle risorse umane di una Fondazione. Da oltre vent’anni professionalmente divisa tra numeri ed essere umani, parole e cifre, discipline artistiche e rendiconti. Ho collaborato con varie testate giornalistiche e faccio parte del consiglio di disciplina del CROAS. Operaincerta, dunque, ma stabile nei valori essenziali, primo su tutti, la famiglia. Scrivere, come leggere e viaggiare, sono passioni per condividere esperienze, impressioni e sogni.

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