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Casa dolce casa

Sergio Guastella 14 aprile 2024


Casa, casa famiglia, casa di riposo, casa di cura, sono solo alcuni dei sostantivi o termini composti che definiscono benevolmente il luogo fisico dove gli uomini abitano o soddisfano le loro esigenze di conforto. Il domicilio fisico in cui ciascuno individua una comfort-zone da utilizzare per estraniarsi da ciò che sta fuori e per custodire le proprie radici. Essere a casa equivale a raggiungere il porto sicuro in cui ormeggiare placidamente, protetti dai marosi esterni.
Ma ci sono anche le case chiuse, le case circondariali, le case di appuntamenti, le casematte che, piuttosto, identificano luoghi fisici di tormenti propri o altrui.
Certo è che la casa non è solo il luogo fisico costruito o usato dagli uomini. E non è un concetto univoco e con significato comune.
La smania meridionale di avere una casa, di arredarla, di impreziosirla e di ingrandirla non coincide spesso con la propensione dei popoli nordici a cambiare frequentemente dimora, ad utilizzare una casa in affitto o ad averne una in via transitoria.
Vi sono stati in passato, e vi sono tuttora, popolazioni nomadi, genti girovaghe e non stanziali che rifiutano a priori ogni concetto di fissa dimora. E le nuove generazioni, sempre più sembrano sottrarsi a un’idea statica del percorso della loro vita.
Le grandi migrazioni in atto e le vere e proprie transumanze di essere umani, poi, riducono ancor di più il significato di casa, inteso come origine, a niente di più che a un labile ricordo. Una reminiscenza quasi istintiva e senza consapevolezza.
Il termine casa sta perdendo l’antico significato di identificazione fisica con uno spazio e rappresenta piuttosto, in senso solo metaforico, un luogo etereo e quasi impercettibile che solo evoca una provenienza, un’origine o un’identificazione soggettiva con qualcosa di intimamente vissuto.
Come tutti i cambiamenti in corso non è facile, durante il processo di trasformazione, vagliare i pregi ed i difetti che magari, nel prossimo futuro, si renderanno evidenti. Ma alcuni effetti associati al mutamento sono già da oggi manifesti.
La diaspora dei giovani del sud verso il nord che sta svuotando le città meridionali, le migrazioni indotte da motivi politici o dal bisogno, i trasferimenti ripetuti per inseguire continuamente migliori opportunità, sono tutti avvenimenti in atto che certamente trovano causa in motivazioni molto complesse e articolate. Ma anche l’abdicazione definitiva al concetto statico di casa gioca un ruolo non irrilevante nell’alimentazione del fenomeno.
La casa, in passato, era un punto di partenza. Ma era anche un punto di arrivo da tramandare ai nostri posteri. Un focolare da preservare, da alimentare e da passare di mano come la torcia olimpica. Oggi invece, sempre più, la casa è aleatoria, temporanea, instabile e provvisoria. Ci sentiamo tutti rifugiati e nomadi allo stesso tempo. Cittadini vaganti in un mondo globale che promette di accoglierci ma che spesso ci rigetta.
Tutto questo, migliorerà le nuove generazioni trasformandole in cittadini del mondo totalmente affrancati dalle caratteristiche politiche, sociali e personali dei luoghi da cui provengono o, piuttosto, genererà una massa di disorientati nostalgici senza radici né consapevolezza del dove provengono e del dove andranno?
Non è facile prevederlo. Certo è che un uomo senza “casa” è come una lumaca senza guscio o una tartaruga senza carapace. Un essere ignudo che vaga libero, ma senza protezione.

Foto di Alexa, Pixabay

Sergio Guastella

Sergio Guastella è nato e vive a Ragusa dove, da sveglio, esercita per passione la professione forense e, quando dovrebbe dormire, sfrutta l’insonnia per immaginare altre vite.
Ha pubblicato Il Capitano (2014).
Il suo racconto Cose dell’altro mondo è stato pubblicato (2021) nel volume I racconti dell’ultimo bicchiere edito da LC Publishing Group.
Altro racconto Aspettando Totò è stato pubblicato (2023) nella raccolta di Autori Vari Racconti di Donnafugata edita da Kreativamente Editrice.

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