Non avevo ancora visto il film di Paola Cortellesi, C’è ancora domani. Ne avevo sentito parlare molto bene, anzi benissimo. Un film sulla violenza domestica che, fra i tanti pregi, ne ha uno che pare voler celare un messaggio codificato: è in bianco e nero. Un film recentissimo, uscito nelle sale cinematografiche solo nell’ottobre 2023, ma ambientato nella Roma post-bellica del 1946. Questo, però non è il solo motivo che può aver spinto la stessa Cortellesi-regista a scegliere una pellicola d’altri tempi. Piuttosto, la proiezione sembra voler esorcizzare il fenomeno che domina le vicende della protagonista, come se in quell’epoca, e solo in quella, potessero esistere comportamenti verso le donne che oggi definiamo completamente deplorevoli.
Purtroppo, non è così. Anzi, l’esigenza di proporre un tema alquanto scottante come la violenza domestica nasce dal fatto che nella nostra bella società moderna continuano a persistere fenomeni altamente inquietanti che sfociano in atti ben peggiori del brutale uso delle mani e delle parole denigratorie verso le donne. Fa riflettere come la casa, il luogo per eccellenza in cui ci si dovrebbe sentire protetti, in realtà può diventare il posto più inquietante e insidioso. L’ambiente domestico spartano e la scarsa cultura dei personaggi fanno leva su un passato in cui tali comportamenti del marito, e dell’uomo in genere, erano tollerati facendoli rientrare, in molti casi, nella normalità.
La casa diventa spettatrice delle insidie, dove si chiudono le finestre per non far sentire i colpi inflitti, lasciando che rimangano racchiusi fra quattro mura, ma che non sfuggono ugualmente ai vicini che sanno cogliere i segnali salienti. Ancora oggi, c’è bisogno di realizzare film come questi per far comprendere, a chi subisce, come riconoscere i segnali di pericolo o cercare le scappatoie per sottrarvisi, sia per mostrare, a chi usa la forza, che per lo spettacolo offerto non c’è da inorgoglirsi.
Chissà per quante donne la casa è diventata una prigione o, peggio, una tomba. E, mentre le porte sbattono e le finestre si chiudono, molte donne, vittime della loro stessa paura, vivono fra le quattro mura con composta dignità. Però non siamo più nel 1946 ed esistono tutele giuridiche che, a differenza del passato, possono cambiare le sorti di una persona, in meglio e per tutta la vita.
Così la casa ritorna ad essere il nido dove ritornare è una gioia.
Antonella Galuppi vive a Santa Croce Camerina (RG). Laureata in Giurisprudenza, con idoneità all’esercizio dell’attività forense, è specializzata in Criminologia e Diritto minorile. Giornalista pubblicista, ha pubblicato due raccolte poetiche (“Sciarade”, Itinerarium editrice, Modica 2003, e “L’antinomia”, Armando Siciliano editore, Messina 2016), un libro illustrato per bambini (“Spillo & Karim”, Alberti editore, Arezzo 2003). Nel 2021 ha pubblicato la raccolta di racconti “Vite a stralci”, e nel 2023 il romanzo "MareDentro", entrambi per OperaIncerta editore, Ragusa). Un suo mini-racconto, “La mascherina”, è stato inserito nell’E-book edito dalla Rai, edizione 2020/2021. Da anni opera nel settore della cultura ottenendo diversi riconoscimenti, fra cui il Premio Livatino Saetta Costa, a Catania nel 2017, per l’impegno sociale nella cultura, e il Premio Sicilia Federico II, a Modica nel 2021, per la poesia.
© Operaincerta. All Rights Reserved. Designed by HTML Codex