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L’arte di abitare

Salvatore Desari 14 aprile 2024


Ed eccomi qui, tra le mie quattro mura, che provo a preservare ciò che di vero esiste in me, che chiedo alla fantasia di guidarmi, mettendo a ferro e fuoco la tastiera del mio portatile e le mie librerie alla ricerca di tesori di vitalità, cercando di dare il mio personalissimo concetto di casa, di abitare, di vivere. 
Parlare della casa quindi, di quello che ogni casa rappresenta nelle nostre vite, di quel che rende possibile e che può rappresentare. La casa, sotto certi aspetti, è un argomento che suscita una certa ritrosia unita ad una certa diffidenza, a volte un concetto di unità familiare, a volte serenità, altre volte no, altre un senso di inadeguatezza per chi non può permettersela, altre volte ancora un senso di benessere, o ancora un delirio di autocompiacimento.
Facendo i dovuti distinguo con le legittime e utili aspirazioni al viaggio e al movimento a volte continuo, sia legato a ragioni di lavoro o svago che portano entrambi a vari tipi di conoscenza imprescindibili, la casa rappresenta comunque un punto fermo, il nostro punto di partenza e di ritorno, per alcuni è il contingente, per altri la ripartenza della propria esistenza. La casa è o dovrebbe essere il luogo dove ci è permesso respirare, lasciarci vivere, esplorare i nostri desideri, leggere, riflettere, goderci il piacere della solitudine, o della famiglia, creare o fantasticare, crescere o formarsi.
Lo sviluppo del mio concetto di abitazione parte dal presupposto che si verifica quando il mondo non si offre in modo genuino, immediato, palese, onesto, ed è per questo che ritengo di vitale importanza una visione matura di esso in grado di farlo nascere e crescere dentro noi, per meglio comprenderlo, in un ambiente che mi appartiene. A volte, nei confronti della società in generale, bisogna aver sviluppato un universo proprio, bisogna aver affinato certe qualità, aver raggiunto alti livelli di percezione e comprensione, e per far ciò, bisogna trovare o riuscire a conservare un misto di passione, purezza e onestà intellettuali estreme, rimanendo sempre vigili e rispettando se stessi, allontanando la tentazione inconscia di imbrigliarci in forme di lettura troppo semplicistiche che provengono dall’esterno, ed emanciparsi da una cultura che troppo spesso omologa con le sue verità prestabilite.
Una certa concezione che abbiamo di abitare la nostra casa, il nostro rifugio, può essere utile a capire quanto detto sopra. Non proporrò certamente l’elogio del pantofolaio, almeno non nella concezione comune che di solito gli si attribuisce, ma è anche vero che se non ci fossero lunghi periodi di isolamento, di quieta routine, non ci sarebbero state ad esempio molte opere, dalla pittura alla letteratura, che nel corso del tempo sono state concepite proprio in queste condizioni, cosiddette “casalinghe”. Nel tempo, scrittori e poeti hanno, tramite una clausura volontaria, portato alla luce capolavori che rimarranno all’infinito. Diverso discorso va fatto su molte persone, che senza essere artiste, sperimentano un bisogno costante di solitudine. Ma per loro, a differenza dei romanzieri affermati, sarà molto più difficile fare comprendere la “legittimità” del loro bisogno. La società sembra prendere questa rivendicazione come un affronto. Voler restare a casa, starci bene, significa infatti dire agli altri che in alcuni giorni preferiamo fare a meno della loro compagnia, e questo per dedicarci a occupazioni, o peggio, a un’assenza di occupazioni che appaiono ad altri, familiari o amici, alquanto inconsistenti oltre che inspiegabili e talvolta offensivi.
Rivendico dunque la mia libertà, e rispetto quella altrui, di affermare il nostro fondamentale diritto ad appropriarci delle nostre spiagge di riserbo, di ritrosia, di calma e di pienezza surreale sviluppando uno stato fecondo, vitale, capace di alimentare il respiro del nostro vero essere, nella sua individualità più genuina. Rivendico pertanto la libertà dell’individuazione, della diserzione, che ci permette di affrancarci in piena libertà dallo sguardo e dal controllo della società restando nei luoghi che più ci accolgono e che quasi per tutti sono rappresentati dalla propria casa.
Come dicevo, un tale ritrarsi il più delle volte desta un fastidio immediato negli altri, persino in persone di larghe vedute. Volersi ritirare a casa e dichiarare di voler sprofondare in un libro può esporre a una riprovazione tutta particolare, a volte anche all’allontanamento perpetuo dagli incontri omologati e omologanti. Ciascun lettore, passato e presente, ha sentito almeno una volta nella vita espressioni come “Smettila di leggere, esci, vivi” o peggio “Topo di biblioteca”, che dimostra un profondo anti intellettualismo, una mancanza di fiducia e credibilità nei confronti dell’opera letteraria o dell’oziosa attività intellettuale, come se un cervello umano fosse capace di funzionare bene solo sotto l’influsso continuo di stimoli ambientali esterni, come se passare del tempo in casa fosse il segno di una vita povera e monotona.
Solo per il piacere narcisistico di avvalorare le mie opinioni aggiungo che le case degli artisti, dei pittori, degli scrittori, dei filosofi sono sempre state particolarmente affascinanti, almeno per me sicuramente, perché sono la scena di una effusione dell’essere portata all’estremo, la casa come un pezzo di mondo ma anche un mondo a sé; ci offrono il mondo di chi le ha abitate: Woolf, Salinger, Thoreau, Manzoni, Leopardi, la casa di Dostoevskij, la scrivania in cui hanno concepito i loro capolavori sono dei posti che sembrano dei nidi solitari, dei rifugi, li contempliamo o li immaginiamo se non li abbiamo visti di persona, pensando agli universi che vi hanno trovato espressione, ne siamo attratti per il piacere di immaginare cosa aveva davanti agli occhi la persona che ha scritto quell’opera per noi così importante.
La casa quindi può essere riparo, protezione dei propri sogni, forza che sostiene i nostri valori. Questo accade a tutti coloro che sono pronti a ricevere gli influssi che arrivano dalle camere che detengono le nostre libertà e le nostre individualità. Sono la nostra abitazione, il nostro tetto, la nostra base solida su cui poggiare la nostra personalità e avviarci, con passo fermo, ad affermare noi stessi e ad accettare e rispettare le divergenze con quieto spirito. Ognuno libero, ognuno se stesso, ognuno casa, ma tutti uniti in una meravigliosa e arricchente diversità.

Foto di Joe, Pixabay

Salvatore Desari

Salvatore Desari, nasce a Vittoria, nel 1978. Frequenta il Liceo Scientifico a Vittoria e l'Università di Giurisprudenza a Catania. Da sempre libero appassionato di lettura e scrittura.

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