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Piantamola di piantare piante

Aldo e Liliana Adamo 14 gennaio 2024


Sembrerebbe uno scioglilingua… ma non lo è.
Allora si tratta di un divieto?
Secondo errore perché, strano ma vero, ci troviamo davanti ad una semplice esortazione.
Del resto un vivaista e un agritetto potrebbero mai invitarvi a “non piantare”?
E infatti vi stiamo invitando a praticare una coltura senza l’uso di terra e poter avere una pianta che non ha bisogno di vaso, a curare un’essenza vegetale che non cerca le annaffiature per così dire classiche: basta, di tanto in tanto una leggera spruzzata.
Di chi si tratta?
Stiamo parlando della “figlia del vento” il cui nome scientifico è TILLANDSIA.  
Pare che dobbiamo la sua scoperta a Cristoforo Colombo che la trovò quando sbarcò sull’isola di Guanahari, l’odierna San Salvador. Appartiene alla famiglia delle Bromeliaceae e il suo genere comprende oltre 600 specie. Caratteristica comune è il gradimento di alte temperature che vanno dai 10 ai 35 gradi centigradi. La Tillandsia è una pianta epifita ovvero non cresce sul terreno ma sui tronchi e sui rami degli alberi.
Nelle zone dove ha maggior diffusione si può trovare anche sui pali e sui fili elettrici o sulle antenne. Per questo motivo è chiamata anche pianta aerea, pianta in grado di assorbire i nutrienti dall’aria attraverso la pioggia, la rugiada e la nebbia. Senza radici sotterranee assorbe l’umidità dell’aria catturandola con i suoi tricomi, strutture poste sull’epidermide, che si aprono quando la pianta ha bisogno di umidità e si richiudono sopra una certa soglia per impedirne l’evaporazione. Oltre all’umidità, la Tillandsia è anche in grado di catturare il pulviscolo atmosferico che contiene agenti inquinanti. Non solo ma durante l’accumulo, restando indipendente dal terreno e da qualsiasi altro substrato, viene usata come bioindicatore o bioaccumulatore. L’ateneo di Firenze ha testato questa pianta aerea per sei mesi sulla circonvallazione della città. La pianta poi è stata portata al dipartimento di chimica di Bologna. I risultati del test vedono la Tillandsia come una pianta utile a monitorare l’inquinamento e in grado di assorbire le sostanze tossiche provenienti dall’incompleta combustione di benzina e gasolio. La mancanza di radici ha permesso, inoltre, di analizzare le sostanze depositate escludendo le interferenze con il terreno.
La Tillandsia non solo cattura gli inquinanti ma è in grado di assorbirli ed eliminarli, metabolizzandoli. Sono già state ipotizzate le possibili applicazioni: una piccola parete può essere usata per disinquinare un appartamento, ma non si esclude in futuro l’ipotesi di interi pannelli pieni delle “figlie del vento” da collocare sulle autostrade e sulle vie cittadine di grande traffico.
Allora iniziamo a piantarla di non considerare seriamente il grande aiuto che può darci la nostra sorella verde…
Ultima indicazione: non è necessario appollaiarla sopra voi stessi, come si potrebbe dedurre dalla foto, ma ogni tanto non le dispiace ricevere una vostra carezza…

Aldo Adamo

Aldo Adamo nasce a Ragusa il 18.08.58. Nel lontano 1977 (o giù di lì) raggiunge l’agognata maturità classica e inizia la sua odissea “universitaria” che lo porta prima a Trento, dove si iscrive in Sociologia, poi a Catania, dove prosegue gli studi in Giurisprudenza … ma non raggiungerà mai la laurea anche perché, specie in quei tempi, si dedica al suo hobby preferito: la pigrizia. Dopo alcune brevi esperienze di lavoro (da impiegato bancario ad agente di commercio) trent’anni fa approda nella sua Itaca: un vivaio che pian piano diventa anche garden; qui diventa “sciuraru”, slang siciliano che sta per fiorista, insieme alla moglie, donna bella e paziente, che oltre ad affiancarlo nel lavoro gli da due splendide figlie. Affannosamente cerca di riposarsi ma per svariati motivi non ci riesce. Si occupa di bonsai, ama molto la lettura e la cucina (non come cuoco ma da utente) ed è anche socio fondatore dell’AICC.  

Liliana Adamo

Architetto per errore, crede di essere cieca o almeno trova nella presunta cecità la giustificazione al suo confuso stato emozionale nei confronti dell'Architettura. Nel 2020 discute la tesi di dottorato dal titolo: Architettura Dark. Il ruolo dell'Architettura tra deserto e desertificazione in Sicilia. Le parole chiave della tesi sono: deserto e retro innovazione.
Temi indagati anche nelle sue pubblicazioni:
Saggio L. Adamo, Terre (F)rigide. Frigidità e altri rischi legati alle limitazioni dello squilibrio culturale, postfaz. in M. Navarra, Terre Fragili, (a cura di Liliana Adamo) LetteraVentidue Edizioni, Siracusa, 2017.
L. Adamo, Bibliografia ragionata, in Air Fundamental. Collision between inflatable and architecture, (a cura di Vincenzo Latina e Marco Navarra), LetteraVentidue Edizioni, Siracusa, 2018.
L. Adamo, Shanghai, in Platform for Change. A Farm Cultural Park Guide, a cura di ANALOGIQUE (Claudia Cosentino, Dario Felice, Antonio Rizzo), LetteraVentidue Edizioni, Siracusa, 2019.
L. Adamo, FakeCollage, in Dossier Collage, a cura di Fabio Cappello, Rossella Ferorelli, Luigi Mandraccio, Gian Luca Porcile, Genova University Press, Genova, 2021.
Gli ultimi anni della sua formazione si incrociano con la sua infanzia trascorsa in campagna e da questa simbiosi nasce la passione per l'Agritettura. Tutto ciò che è sperimentale, radicale e speculativo alimenta la sua curiosità. Come Henri Laborit “prova un certo scetticismo nei confronti di ogni descrizione personale espressa con linguaggio cosciente” e consiglia di non prendere troppo sul serio le parole su scritte.

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