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Il respiro che verrà

Sara Sigona 14 dicembre 2023


A ogni fine segue un nuovo inizio. Fu Agatha Christie, durante la mia ossessione in piena adolescenza per i gialli, a suggerirmi in merito qualcosa di insolito attraverso il titolo di uno dei suoi romanzi.  Non ricordo più quale storia narrasse, ma Nella mia fine è il mio principio furono parole capaci di sfrondare quel velo di innocenza che, proprio allo stomaco, si squarciò in mille semi che fecondarono intuizioni, sensazioni e nuove percezioni.
Ad acquarerrarle con le tinte della poesia giunse poi il Piccolo Principe, quel bambino dai capelli color del grano dorato, che, in uno dei suoi dialoghi più sacri, riempie di contenuto l’epiteto Per ogni fine c'è un nuovo inizio ricordando che ci sarà sempre un'altra opportunità, un'altra amicizia, un altro amore, una nuova forza.
Sperare postula, perché non sia solo terra per puri sognatori, quel conoscere, che non dimostra, non presume piuttosto chiede a sé, consentendo di accedere ad una visione, nuova, altra, quasi pianificata come se fosse già realtà.
Si apre così il tempo dei bilanci, che proprio per una questione etimologica, non possono non ponderare, in questo caso il peso della vita che portiamo sulle spalle. Nello zaino, già straripante di inquietudini esistenziali, c’è sempre un compito da espletare, un obbligo da rispettare, una risposta da inviare, insomma c’è sempre qualcosa da fare con cui avanzare, talvolta fino allo stremo, sottraendo tempo al nostro tempo con il rischio di soccombere, stretti nella morsa di una quotidianità frenetica che ingabbia il presente verso un futuro dubbio a cui rinviare lo star bene, il gioco, la spensieratezza, l’immaginazione, l’esplorazione. Eppure basterebbero solo momenti anche brevi e intensi da vivere per assaporare la qualità della vita come figura di uno sfondo in cui sono in scena disumanizzazione e alienazione.
Il domani infatti erediterà un presente più ampio, afflitto da guerre sanguinarie, da derive neoautoritarie, da mode sospinte dal consumismo, da dittature mediatiche, da disastri ambientali, da disarmonia nelle relazioni tra esseri umani. Congiunture che depotenziano la forza del vivere insieme e serenamente, obnubilando proiezioni e incutendo paure e preoccupazioni.
Restare umani rimane l’unica condizione da ricercare, volere, possedere, rivivere.  Per restare umani occorrerebbe semplicemente tornare ad ascoltarsi. Ricercare una radura in cui accamparsi, sostare e respirare. Un gesto naturale, il respiro, che riempie e fornisce il nutriente per le nostre cellule, vivificandole. È un gesto potente, capace di generare trasformazione, nuova forza creativa.
Ad arricchire pensieri e considerazioni contribuisce Valeria Vicari, che conduce a Katastolè Prospettive, a Ragusa, corsi di integrazione corpo mente ad indirizzo Normodinamico: “La creatività è espirazione perché, se ogni volta che inspiriamo, lasciamo entrare una parte dell’universo, ogni volta che espiriamo, cediamo una parte di noi stessi, della nostra energia all’universo. In questo senso l’espirazione colloca il corpo, e la nostra azione creativa, nel mondo.”
A partire da questo incipit, nei suoi corsi, si sperimenta il corpo come fonte di energia e luogo di scoperte significative. Durante la pratica si fa esperienza del corpo e con il corpo, abitandone le emozioni in una sintesi di universi mentale ed emotivo, che rende aperti, capaci di guardare a sé, a quanto accade. Un laboratorio che rimane attivo di pratica in pratica, e che allena lo sguardo a cogliere in ogni esperienza o evento della vita un’occasione di crescita e di maturazione.
“Tutto quello che emana, fluisce, trasuda da noi è espirazione – aggiunge Valeria Vicari - Il canto, il parto, il gesto, la carezza, la parola, il pianto, l'urlo di rabbia o di dolore, la risata. L'energia dell’espirazione è in grado di ri-animare, e di dare vita a visioni creative che manifestano il contatto tra l’anima e il cuore, diventando poesia, magia, bellezza.
E conclude: “Il ritorno a sé forse è una strada percorribile per una presa di coscienza di quanto non sgorga da noi, ma a cui siamo adattati, conformati, anestetizzati, rassegnati. Semplicemente per darsi la possibilità di comprendere e imparare a ritagliare tempi e luoghi dove curare spiragli di appropriazione di noi, di cosa ci caratterizza o preferiamo. Non per grandezza o importanza, ma per aderenza, risonanza, coincidenza. E chiederci quale umanità espiriamo.”

Sara Sigona

Giornalista pubblicista e insegnante, scrivo con la luce e con l’inchiostro sin da bambina. Fonte di ispirazione il viaggio lungo paesi del mondo e paesaggi esistenziali della contemporaneità.

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