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Appiglio

Giuseppe Cusumano 14 gennaio 2024


Fatti polvere, costellazione nascosta,
tappeto di foglie in autunno, torma
di aliti moreschi,

diventa riflesso di vetrate, casualità di ciottoli
dentro a un fiume,
indistinto volo, filo d’erba incolta,

vaga, sfuma, cerca negli angoli scomodi,
in uno squarcio di tetto verso le nuvole,
tra le mani dure che ti offrono un posto accanto,

scrivi orme su una spiaggia d’inverno,
note nella pioggia e un pensiero blu
su un brandello di muro,

asseconda il volante lungo strade non segnalate,
gli slanci d’un bimbo d’ogni età, e il dito
sulla condensa di una finestra,

cammina lungo i muri di un borgo che non conosci,
attraversa il fumo acre d’un villaggio sperduto,
infanga le tue scarpe dentro a un argine che è solo tuo,

confonditi con gli ultimi in coda,
con gli invisibili e i senza voce,
o con gli avventori di un bar di periferia,

sii nuvola di primavera, nembo d’alba, scia del crepuscolo,
tremulo miraggio nelle assolate distanze,
orizzonte inarrivabile da una riva o tra le fronde,

chiudi il tuo petto alle correnti e togli le scarpe
prima di voltarti,
così come toglierai un appiglio risaputo,

il sentiero che sceglierai non avrà le stesse illusioni ma tu
sarai altrove, a piedi nudi, sempre più lontano,
dall’altra parte di tutti i tramonti fotografati,

avrai un cappello calato sugli occhi
e meno parole da ascoltare – e ancora meno da dover dire –
e fuggirai da quei sagrati ipocriti o dai giardini murati,

non avranno più esito le vuote formule, gli alambicchi
e le false alchimie, ti saranno indifferenti gli orti d’egoismo
e le agorà perbeniste,

osserverai da un angolo scomodo
le miserabili farse, i solchi inariditi, i rituali sociali,
le attenzioni d’una volta sola,

riconoscerai le maschere
e gli sguardi esangui, e quelle mani che scavano e sanguinano,
e ti avvicinerai, non visto, per sporcare anche le tue unghie -

non concedere più nulla di te, non offrire la tua schiena,

disperdi il tuo ascolto ai grilli, agli algenti nembi,
allo sventaglio di risacche, al crepitare
delle campagne nello scirocco,

presta i tuoi occhi ai margini fugaci, all’uomo
che non chiede, alla donna incerta, al cane
abbandonato -


le ombre fievoli saranno al loro posto, silenziose /
abbracciale prima che trabocchi l’aurora
in un giorno senza primavera.

Giuseppe Cusumano

Giuseppe Cusumano è nato nel 1968 in un paesino del Polesine che oggi non esiste più, da genitori etnei di Militello in Val di Catania. Vive a Ragusa da oltre 40 anni e scrive quasi da sempre, da mancino corretto: ama la musica, nuota e si diletta di fotografia, ha praticato calcio e arti marziali, si nutre di libri, di natura e di umanità.
Risulta curioso, poco ortodosso, distrattamente attento, dotato di ottima memoria - e anche per questo dicono soffra di ‘retrotopia’.
Di professione Malaùssene, da nove anni coordina un Progetto di volontariato (nato in Ambasciata e radicato presso la missione di Kitanewa) per la costruzione di scuole di ogni ordine e grado nella regione di Iringa, in Tanzania, e continua a farsi correggere i compiti dalla sua prof di lettere.
Ha pubblicato diversi racconti e articoli, un diario di viaggio africano (Quaderni tanzani, OperaIncerta Editore), un romanzo (La terza banca, La Zisa Ed., recensito su Repubblica), e incredibilmente una raccolta di poesie (Minimalia, Libro Italiano World Ed.).
Saltuariamente ha scritto su un blog, ma non è cosa sua.
In compenso, a breve pubblicherà il suo nuovo romanzo, ambientato in Africa, dal titolo Agli elefanti invece sì, editore cercasi.

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