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Dalla lontana India

Aldo e Liliana Adamo 14 gennaio 2024


Si dice che fare gli auguri a mani vuote non sia il massimo… specie per chi li riceve. Tant’è che di sovente il mittente, oltre al gradito “bla,bla”, accompagna il tutto con un omaggio tangibile: un dolce, un vino o un mazzo di fiori o, perché no, una pianta.
E di sicuro i suoi auguri diventeranno, come per incanto, concreti.
Nel caso degli auguri di trascorrere al meglio le festività natalizie ha preso piede un’abitudine che pare ci abbiano lasciato i Druidi: un mazzo di vischio, simbolo di un amore fortunato e di fertilità.
Per l’anno nuovo, l’anno che sarà, possiamo associare ai nostri auspici verbali una pianta davvero particolare: il FICUS GINSENG. In questo caso ripercorriamo una tradizione indiana secondo la quale il Ficus Ginseng è la personificazione vivente di buon auspicio e protezione. Sicuramente, come tutte le piante, è in grado di purificare i nostri ambienti domestici: riesce a trasformare i gas cattivi in buon ossigeno. In più la sua richiesta di aiuto nel farlo stare il meglio possibile, ci consente di incentivare i sette principi Zen che dovremmo tener presente quando ci prepariamo a praticare quest’arte: l’Asimmetria, la Semplicità, l’austera Dignità, la Naturalezza, la Profondità, la Libertà d’Azione, la Tranquillità. Principi che possiamo approfondire e coltivare lungo la strada che ci porta nella cura del verde in generale.
Nel frattempo non dimentichiamo i due comandamenti principali da seguire nel trattamento di una pianta, specie se si tratta di una pianta in vaso.
Il primo: la giusta posizione.
Il secondo: la corretta gestione dell’acqua.
Due comandamenti che spesso diamo per scontati ma la cui disattenzione causa la maggior parte di decessi delle nostre sorelle verdi.

Aldo Adamo

Aldo Adamo nasce a Ragusa il 18.08.58. Nel lontano 1977 (o giù di lì) raggiunge l’agognata maturità classica e inizia la sua odissea “universitaria” che lo porta prima a Trento, dove si iscrive in Sociologia, poi a Catania, dove prosegue gli studi in Giurisprudenza … ma non raggiungerà mai la laurea anche perché, specie in quei tempi, si dedica al suo hobby preferito: la pigrizia. Dopo alcune brevi esperienze di lavoro (da impiegato bancario ad agente di commercio) trent’anni fa approda nella sua Itaca: un vivaio che pian piano diventa anche garden; qui diventa “sciuraru”, slang siciliano che sta per fiorista, insieme alla moglie, donna bella e paziente, che oltre ad affiancarlo nel lavoro gli da due splendide figlie. Affannosamente cerca di riposarsi ma per svariati motivi non ci riesce. Si occupa di bonsai, ama molto la lettura e la cucina (non come cuoco ma da utente) ed è anche socio fondatore dell’AICC.  

Liliana Adamo

Architetto per errore, crede di essere cieca o almeno trova nella presunta cecità la giustificazione al suo confuso stato emozionale nei confronti dell'Architettura. Nel 2020 discute la tesi di dottorato dal titolo: Architettura Dark. Il ruolo dell'Architettura tra deserto e desertificazione in Sicilia. Le parole chiave della tesi sono: deserto e retro innovazione.
Temi indagati anche nelle sue pubblicazioni:
Saggio L. Adamo, Terre (F)rigide. Frigidità e altri rischi legati alle limitazioni dello squilibrio culturale, postfaz. in M. Navarra, Terre Fragili, (a cura di Liliana Adamo) LetteraVentidue Edizioni, Siracusa, 2017.
L. Adamo, Bibliografia ragionata, in Air Fundamental. Collision between inflatable and architecture, (a cura di Vincenzo Latina e Marco Navarra), LetteraVentidue Edizioni, Siracusa, 2018.
L. Adamo, Shanghai, in Platform for Change. A Farm Cultural Park Guide, a cura di ANALOGIQUE (Claudia Cosentino, Dario Felice, Antonio Rizzo), LetteraVentidue Edizioni, Siracusa, 2019.
L. Adamo, FakeCollage, in Dossier Collage, a cura di Fabio Cappello, Rossella Ferorelli, Luigi Mandraccio, Gian Luca Porcile, Genova University Press, Genova, 2021.
Gli ultimi anni della sua formazione si incrociano con la sua infanzia trascorsa in campagna e da questa simbiosi nasce la passione per l'Agritettura. Tutto ciò che è sperimentale, radicale e speculativo alimenta la sua curiosità. Come Henri Laborit “prova un certo scetticismo nei confronti di ogni descrizione personale espressa con linguaggio cosciente” e consiglia di non prendere troppo sul serio le parole su scritte.

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