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Un sorriso enigmatico

Rita Luciani 14 dicembre 2023


“Barone, a chi sorride quello là?”, indicando col dito il personaggio. “Ai pazzi allegri come voi e come me, agli imbecilli!”, rispose il Madralisca

Così scrive Vincenzo Consolo (1933-2012) nel suo più famoso romanzo Il sorriso dell’ignoto marinaio, pubblicato nel 1976. Consolo è un autore di Sant’Agata di Militello, di Messina è anche il pittore Antonio de Antonio, conosciuto appunto come Antonello da Messina (1430-1479), autore del dipinto Ritratto dell’ignoto marinaio. Il quadro è custodito nel museo di Cefalù dedicato ad Enrico Pirajno barone di Mandralisca (1809-1864), naturalista, collezionista d’arte, ma anche filantropo e uomo politico. Ma cosa accomuna questi personaggi ad un sorriso?
Vincenzo Consolo ci racconta del barone durante la traversata da Lipari a Tindari, siamo nel 1852 durante la festa della Madonna, il veliero è pieno di pellegrini, tra i quali il Madralisca scorge due occhi che si distinguono per vivacità e acume, scorre sul viso dell’uomo vestito da marinaio, e nota “un sorriso ironico, pungente e nello stesso tempo amaro, di uno che molto sa e molto ha visto, sa del presente e intuisce del futuro”. Enrico Pirajno si chiede dove l’ha già visto, gli sembra un volto conosciuto, ma giunto a destinazione, scende dal veliero col solo pensiero di ciò che tiene tra le braccia.
La tavoletta che tiene stretta al petto esala odori di canfora e senape perché l’ha acquistata da uno speziale, era lo sportello di uno stipo, sul quale vi è il ritratto di Antonello da Messina, ma che ai tempi tutti ignorano. Catena, la figlia dello speziale, non potendo uscire mai dal negozio era costretta ad avere su di sé lo sguardo pungente e il sorriso beffardo dell’uomo ritratto. Un giorno si sentì così irritata da infliggere alla tavola dipinta due colpi di punteruolo, reazione che ovviamente convinse il padre a vendere lo sportello, con gran gioia del Madralisca che aveva intuito subito l’affare.
Quattro anni dopo il barone di Cefalù riceve la visita di un uomo che si spaccia per un mercante di Lipari, al suo cospetto Enrico Pirajno sa di aver già visto quella persona, ma dove? Poi esclama: “Il marinaio!” Il mercante allora si rivela per quello che realmente è: Giovanni Interdonato (1810-1866) politico di spicco nel Risorgimento siciliano; quella notte era effettivamente lui sul veliero, stava rientrando di nascosto dopo l’esilio a seguito della sconfitta del 1849 del Regno di Sicilia Indipendente. L’avvocato Interdonato aggiunge che conosceva la vicenda della vendita dello sportello del mobile, perché lui era il promesso sposo della figlia dello speziale. Il matrimonio però era ostacolato dalla devozione rivoluzionaria di lui e Catena era indispettita per aver davanti a sé un ritratto assomigliate al suo amato piuttosto che Giovanni stesso. Ma se l’uomo dipinto da Antonello non è Giovanni Interdonato, è allora un semplice marinaio?
La tavola ritratta ad olio è di piccole dimensioni, prima del restauro aveva veramente due lesioni e fu attribuito ad Antonello da Messina solo nel 1860, dallo studioso d’arte Giovan Battista Cavalcaselle. Successivamente lo storico dell’arte Roberto Longhi stabilì che non poteva essere un marinaio, nonostante le vesti assomiglianti, perché solo gli aristocratici e il clero potevano permettersi di farsi ritrarre.

La verità ha inizio quando Sandro Varzi, curatore del museo Madralisca, nel predisporre l’opera in partenza per l’Expo di Milano, nota un sigillo con degli emblemi vescovili. Così insieme al figlio Salvatore, esperto di araldica, e allo scrittore Alessandro Dell’Aira, rintracciano tra gli antenati del barone, Giuseppe Pirajno, che era stato vicario di ben tre vescovi di Cefalù. Tra questi, Francesco Vitale da Noia, che fu precettore di Ferdinando II d’Aragona re di Spagna e di Sicilia e resse la diocesi di Cefalù tra il 1484 e il 1492.  Ecco chi è l’uomo del sorriso, il vescovo!
Antonello da Messina fece vari viaggi, quello più importante fu a Napoli dove apprese l’arte della pittura ad olio, tecnica riscoperta dai pittori fiamminghi, di cui Antonello fu uno dei più grandi interpreti del Quattrocento italiano. Sappiamo che verso il 1475 si trova a Venezia ed è qui che Francesco Vitale gli commissiona l’opera che poi si porta in Sicilia. I tre autori del testo Sfidando l’Ignoto. Antonello e l’enigma di Cefalù, pubblicano nel 2017, ci spiegano che il quadro entra nel patrimonio del Madralisca grazie a Giuseppe Pirajno, il vicario infatti esercitava un forte potere a Cefalù, tanto da poter utilizzare lo stemma episcopale, che appose sul retro del dipinto nel 1738.
Questa è la storia che intreccia due capolavori e nonostante si sia giunti alla verità, il mistero affascina tanto che il quadro continua ad essere nominato come Ritratto di ignoto marinaio.
Vincenzo Consolo continua il romanzo narrandoci del Risorgimento siciliano, una narrazione sospesa tra storia e letteratura.
Il dipinto esposto al museo di Cefalù incanta col suo sorriso beffardo, malizioso e ironico. Ci si può chiedere cosa avesse suscitato nel vescovo un’espressione così poco ieratica e con quale abilità Antonello da Messina fosse riuscito a riprenderla. Quanta umanità trapela in quello sguardo, quel volto così empatico da indurre anche noi a sorridere, a diventarne complici, a farci catturare dalla fantasia, dalla spensieratezza, a farci sentire dei visionari, dei pazzi allegri!

 

Bibliografia:
Marco Bussagli, Antonello da Messina - Artedossier - Giunti
G.C.Argan, Storia dell’arte italiana - Sansoni
Cefalu.it
Tano Gullo, Ecco chi è l'ignoto marinaio di Antonello da Messina - La Repubblica, 27 marzo 2017

Foto di Mona El Falaky, Pixabay

Rita Luciani

Rita Luciani nasce a Roma nel 1968, dopo la Maturità Classica si trasferisce a Modena, lavora e si laurea in Sociologia. Dal 2019 è residente a Scicli (RG), da pensionata e grata alla vita, si dedica alle sue passioni e ai suoi hobby.

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