IL futuro non è mai stato più presente. Almeno per noi che presentiamo l'anno "nuovo" essendovi già dentro da almeno due settimane che ad alcuni tra noi sembrano già due lunghi semestri.
L'anno che verrà, dunque, è già qui, con il suo giorno in più che, come un cromosoma impazzito, sembra avere la capacità di creare squilibri e paure. Fate pure gli scongiuri, ma vi ricordo che il suo predecessore bisesto ha portato una rivoluzione virale che ha cambiato non poco il nostro modo di vedere le cose e vivere nelle case.
Ovviamente non cadremo nel tranello della superstizione e cercheremo di sorvolare su funeste previsioni, anche perchè, come detto, il futuro è già qui con il suo arsenale di guerre, carneficine, sciagure assortite in varie parti del mondo.
Non è il caso, dunque, di aggiungere le nostre ansie. Ma non è nemmeno il caso di sommare alle cose del mondo l'inutile carico delle nostre buone intenzioni: iniziare la dieta, avere maggiore tempo per noi, recuperare il dialogo con i figli lontani, ricominciare a dipingere, terminare una volta per tutte la tesi di laurea e l'editoriale per Operaincerta!
L'anno che verrà è l'almanacco di Leopardi, il calendario Pirelli, una canzone tra le più belle di Lucio Dalla, è il susseguirsi degli auguri che durano un giorno con la pretesa di valerne altri 365 almeno. E' un rapido volo che ci fa intravedere l'inverno dei giorni più prossimi, il primo sole di primavera e il caldo dei primi bagni di mare che precede di poco la preparazione di nuovi addobbi natalizi.
Un momento che è un ciclo intero di vita. Una promessa ed una premessa di tempo. Come sottrarsi agli auguri in un simile frangente? Impossibile e, forse, anche sbagliato. Dunque, buon anno e che sia pieno di gioia inattese che, si sa, sono sempre le più belle.
E adesso, dall'elenco dell'elenco dei buoni propositi, posso almeno cancellare la scrittura del primo editoriale di Operaincerta.