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Passato, futuro

Agata Raineri 14 settembre 2023


Come non mai, durante gli ultimi decenni, il termine “ritorno” è stato oggetto di approfondimenti sociologici, psicologici e antropologici eludendo la banalità del significato intrinseco e conferendogli una dinamicità potenziata, ancor più positiva e propositiva, attinente al frenetico tranvai dei nostri tempi e di una generazione la cui spinta motivazionale viene data soprattutto dall’uso degli svariati apparecchi digitali a disposizione: dai cellulari ai tablet, dai laptop alle versatili piattaforme disponibili sul mercato che ne restituiscono velocità in ogni campo. Sentiamo parlare sempre più sovente di “resilienza” sebbene l’origine del verbo latino resilire, composto da re – salire, è propriamente indicativo di saltare indietro con significato di ritornare di colpo, oggi con l’accezione di affrontare reattivamente ostacoli e difficoltà o di ripresa di uno stato di normalità e/o zona di comfort perdute. Quindi si modifica la modalità del ritorno in termini di tempo e di presa di coscienza più che di spazio.
Questo, spesso indefinito, vede l’accadimento spostarsi da un punto ben preciso (a volte idealizzato) ad altro, ben altrettanto collocato e manifesta l’azione del tornare al punto di partenza definendola come ritorno. A volte ci si imbatte nel famigerato e così detto punto di non ritorno ovvero alla causa-effetto che ne deriva e produce; ma questa è altra questione che merita approfondimenti di altra natura.

Quello su cui mi preme dibattere, in questo articolo, sono la trasformazione e l’adattamento del termine ritorno nella società odierna da un punto di vista strettamente personale non certo da esperto del settore psicoanalitico e/o antropologico. Uno spunto significativo mi è stato dato dalla lettura de I racconti del ritorno di Alessandro Vanoli, Feltrinelli Editore, dove l’aspetto del ritorno viene legato alla vita quale cordone ombelicale nel mirabile viaggio di un percorso esistenziale in cui si è chiamati, prima o poi, a fare in conti con noi stessi e a rompere definitivamente o ad allungare una mano verso la carrucola del tempo nel percorrere il tragitto a ritroso. 
Ed è proprio in un tempo sospeso che quando si chiude una porta e se ne apre un'altra in virtù del cambiamento passivo o attivo e si percepisce la nostalgia di un ricordo passato nello sforzo di costruire spesso tutta una vita, che si pensa al ritorno, alle origini. Sia nell’atto negativo del rimpianto che in quello ottimistico del rivivere una certa e nostalgica condizione di vita. È pur sempre un viaggio, non fisico e sicuramente più intimo che ci riconduce al passato perché frutto di esso e di tutto ciò che abbiamo raccolto durante il nostro cammino o se vogliamo spostamento.

Frasi come ritorno alla vita, raccomandata con ricevuta di ritorno, ritorno di fiamma, ritorno alle origini rafforzano questo concetto rassicurante: che si possa avere una consapevolezza del tornare indietro nel tempo attraverso i ricordi, la rievocazione delle esperienze già vissute e che si perpetuano o semplicemente nel guardare una fotografia trovata per caso in un cassetto che non si apriva da molto tempo e di cui parte di quella vita, era stata involontariamente rimossa.

Mi vengono in mente alcuni titoli di film che ho molto amato in gioventù come Ritorno al futuro (Robert Zemeckis, 1985) e Il ritorno dello Jedi (Richard Marquand, 1983), molto meno Il Ritorno dei morti viventi, per ovvi motivi oltre che per la mia refrattarietà nei confronti del genere horror. Parlavano del ritorno di qualcuno o del ritorno a luoghi o momenti passati e futuri in una accezione positivistica. Ecco, mi piace parlare di un ritorno alla memoria, perché incentiva al futuro consapevoli di ciò che è stato e, al contempo, ci incoraggia al vivere quotidiano sulla base di ciò che siamo stati nel bene e nel male e fino a questo punto. Noi, qui, ora, pronti a ripartire.

Agata Raineri

Agata Raineri nasce a Catania il 30 agosto 1976. La sua formazione si basa specificatamente su studi scientifici che la portano, da più di vent’anni ad oggi, ad occuparsi di ingegneria dei processi industriali e attività di reporting per una importante azienda multinazionale e l’università. Tuttavia, fin dalla tenera età, sviluppa l’interesse per le arti dello spettacolo e frequenta corsi di improvvisazione e laboratorio teatrale, canto, musica e comunicazione affinando le doti che si affacciano durante il suo percorso e che contemplano l’altra parte di emisfero cerebrale (non razionale) legato fortemente alla sua indole e alle proprie attitudini su tale versante. In parallelo, da circa dieci anni, collabora con diverse compagnie del panorama artistico locale e con il Teatro del Canovaccio di Catania sia in qualità di performer in diverse pièce musicali sia come autrice di testi teatrali di cui ha anche curato la regia riscontrando pareri favorevoli di pubblico e critica. Incrementa il diletto per la scrittura, specie negli ultimi anni, sia con la stesura di brani per cui si avvalora della collaborazione del musicista e compositore Alessandro Cavalieri, sia scrivendo monologhi e poesie, finalisti di concorsi in diversi premi letterari in ambito nazionale. Da qualche anno, collabora con la testata on web di Operaincerta editore in qualità di critico di opere edite di letteratura contemporanea e, di pubblicista, su temi di culturale generale.    

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